mercoledì 26 ottobre 2011

Regolamento Urbanistico: a San Casciano ancora cemento e nuovo consumo di suolo

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Lo scorso 10 ottobre il Consiglio Comunale di San Casciano ha adottato il nuovo Regolamento Urbanistico, l'atto di governo del territorio che delinea gli interventi urbanistici per i prossimi cinque anni. La nostra lista ha espresso un netto voto contrario ed è stata l'unica voce di chiaro dissenso.
L'amministrazione presenta un piano definito sostenibile, ma la realtà è ben diversa: 22500 mq nei centri abitati e 8300 mq nel territorio aperto di nuova superficie residenziale (equivalenti a circa 1200 abitanti), oltre all’aumento delle superfici produttive, commerciali e turistiche. Un carico urbanistico rilevante che ci viene proposto senza che sia dimostrata la compatibilità degli interventi proposti con le attuali criticità, prima fra tutte la carenza idrica, per la quale si rinvia ad una serie di “misure di mitigazione”: ma tutti conosciamo le inadempienze di Publiacqua e non crediamo che interventi promessi da molti anni possano miracolosamente arrivare nel breve periodo. Né è stata fatta un'analisi relativa al mercato di domanda e offerta abitativa nel nostro comune.
Il consumo di suolo è notevole. Si dismettono diverse aree artigianali e si convertono in residenze , contemporaneamente si propongono nuovi insediamenti produttivi, localizzati ai confini dei perimetri urbani. Tutto senza che sia stato minimamente verificato lo stato di utilizzazione del patrimonio edilizio: non sappiamo quanti volumi (residenziali, commerciali o produttivi) sono al momento attuale inutilizzati. Si giustifica l'incremento abitativo e il consumo di suolo con la necessità di garantire una casa alle fasce deboli della società. In realtà la piccola quota prevista per gli appartamenti in convenzione non potrà risolvere le reali problematiche sociali che invece sarebbero meglio tutelate prevedendo e favorendo il riuso e la ristrutturazione di edifici in abbandono per realizzare abitazioni per giovani, immigrati, anziani.
Desta sconcerto il destino dell'asilo del Bargino, vero fiore all'occhiello della proposta formativa del nostro comune, del quale (invece di provvedere alla ristrutturazione) viene proposta la vendita per farne una villetta, con un generico impegno per la costruzione di una nuova scuola. Di certo possiamo dire che l'adeguamento alla normativa antisismica dell'asilo, necessaria anzi urgente, non si realizzerà.
E il territorio aperto? Scompare il Parco della Pesa inteso come progetto integrato; rimane solo una ristretta fascia a verde attrezzato. Per il corso della Greve non si prevede nessuna forma di salvaguardia. Per il rilancio di attività coerenti con il nuovo modello di sviluppo del quale la Toscana ha bisogno per uscire dalla crisi, come quelle agricole sostenibili, il piano non si pronuncia. E invece da qui vogliamo partire per rappresentare una gestione del nostro territorio economicamente e socialmente sostenibile.


San Casciano Val di Pesa, 21 ottobre 2011
LABORATORIO PER UN'ALTRA SAN CASCIANO-RIFONDAZIONE COMUNISTA

lunedì 24 ottobre 2011

San Casciano "Ancora cemento e nuovo consumo di suolo". Carlesi contro il regolamento urbanistico

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Il Nuovo Corriere di Firenze, 23 ottobre 2011

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Si può fare

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Da domani possiamo nuovamente immaginare che non esistano zone rosse inviolabili, possiamo pensare che la forza di migliaia di persone armate soltanto delle proprie ragioni sia in grado di tagliare qualsiasi rete: oggi in val si Susa sono stati aperti, come promesso, nuovi spiragli di democrazia.


La giornata nel boschi tra Giaglione e Chiomonte può essere raccontata da diversi punti di vista: c'è chi si compiace del fatto che non siano state realmente tagliate le reti e chi ha invaso una zona rossa dimostrando che quelle reti sono vulnerabili e inutili. C'è chi ha sperato in scontri da mostrare in tv ed è rimasto deluso e chi ha promesso che non vi sarebbero stati scontri e ha mantenuto la promessa. C'è chi ha speso almeno mezzo milione di euro in un solo giorno per schierare un esercito e chi ha dimostrato che sono stati soldi buttati al vento (resta il problema che chi li ha spesi non li ha certo messi di tasca sua). C'è chi vuol fare un tunnel e non sa più dove sbattere la testa perché ogni giorno perde consensi e chi il tunnel non lo vuole e ogni giorno guadagna consensi, c'è chi da domani dovrà inventarsi qualcosa di nuovo per non perdere almeno la faccia e chi è tornato a casa questa sera con la faccia pulita e sa che da domani la strada è meno in salita.

Questione di punti di vista si direbbe: se non fosse che occorre proprio essere ciechi per non vedere cosa è successo oggi in Val di Susa.


Non è successo niente.

Niente di ciò che avevano sperato: hanno lavorato settimane nel dipingere ancora una volta il movimento no tav come un covo di black bloc e sono rimasti a mani vuote. Nell'ultima settimana poi ce l'avevano messa tutta, e Roma era venuta loro incontro.

Nelle ultime ore avevano forse capito che era tutto inutile e si sono resi ridicoli: pur di fermare chi veniva a manifestaree multavano le auto sprovviste di catene da neve a bordo e le rimandavano indietro; questa mattina non si contavano i posti di blocco nelle strade e in autostrada, le perquisizioni alla ricerca di qualcuno da portare in caserma per porto abusivo di forbici o tenaglie. Niente da fare: chi aveva fatto tardi ed era rimasto imbottigliato arrivava a piedi.



Quanti? Diecimila? Quindicimila? Più o meno, ma poco importa. Ciò che conta è che migliaia di persone a mani nude e a volto scoperto sono arrivate a Giaglione decise a commettere un'azione di disobbedienza civile, a infrangere un divieto che aveva allargato la zona rossa del non cantiere di Chiomonte. Migliaia di persone disposte a metterci la faccia, decise a non rispettare l'ordinanza del prefetto e a farlo alla luce del sole, orgogliose di mostrarsi alle telecamere (comprese quelle della digos) con le loro brave tronchesine bene in vista. Migliaia di persone in marcia verso le reti del cantiere che non c'è.



A metà strada hanno trovato una prima rete: le donne della Val di Susa, sempre in prima fila, non ci hanno pensato un attimo e la rete è andata in pezzi. Perché avevano messo nella notte quella rete che ieri non c'era? Per metterci alla prova? Pensavano forse che avevamo in mente un'azione simbolica, una rete tagliata da mostrare alle telecamere e poi saremmo tornati indietro? Un contentino? Non siamo mica scemi. Avanti.

Poco più avanti un altro sbarramento, questa volta difeso da decine di uomini in divisa: un blocco difficile da superare. E a quel punto inizia il bello: centinaia, migliaia di persone che si inerpicano nel ripido bosco alla ricerca di un sentiero, altri che scendono a valle per aggirare il blocco. Nei boschi, mentre l'elicottero dall'alto consuma inutilmente fiumi di carburante, incontri uomini in divisa che fanno quasi tenerezza al vederli impotenti di fronte alla marea che dilaga e neanche ci provano a cacciarti da dove sei arrivato.



Succede così che dopo un bel po' di passeggiata, sempre a chiamarsi l'un l'altro, ad aspettarsi per non lasciare nessuno indietro in balia dei Cacciatori "Sardegna", l'unità speciale del Carabinieri specializzata nel contrastare i sequestri di persona (!), si arriva al ponte sul torrente a pochi metri dalla baita-presidio costruita nei mesi precedenti l'occupazione militare.

Una scena surreale: sul ponte decine di poliziotti con tutto l'armamentario del caso ad impedire il passaggio, poche decine di metri a monte e a valle centinaia di persone che attraversano il torrente e si dirigono alla baita senza degnarli neppure di uno sberleffo.

La baita-presidio dista poche decine di metri dalle recinzioni, questa volta quelle vere. Tolti il centinaio di uomini in divisa aggirati lungo la strada ne restano milleseicento a difendere quelle povere reti inutili.



"Il cantiere è all'interno di un'ampia zona rossa invalicabile, nessuno potrà avvicinarsi a meno di due chilometri" avevano detto. Eravamo a poche decine di metri del (non) cantiere, in migliaia avevamo dimostrato che non c'è zona rossa che tenga: aveva senso andare oltre? Il nostro obiettivo non era certo espugnare un fortino e fare milleseicento prigionieri.

Forse ci avevano lasciato passare, non avevano usato lacrimogeni e idranti e non si erano innervositi. Forse. Ma forse per chi dava gli ordini ogni altra scelta sarebbe stata sconveniente. Abbiamo deciso di tornare indietro, non c'era più niente da dimostrare.


Questa è la cronaca di una giornata che ha visto nuovamente la Val di Susa protagonista, da oggi il movimento notav è più forte.

Domani è un altro giorno, la resistenza al TAV percorrerà altri sentieri, si muoverà a trecentosessanta gradi sapendo che le reti non sono certo l'unico ostacolo che ha di fronte. Ma i no tav sono anche pronti a tornare presto sugli stessi sentieri in cui migliaia di persone a mani nude e a volto scoperto hanno saputo dimostrare che le zone rosse non sono inviolabili.



Comitato NO-TAV Torino

23 ottobre 2011

domenica 23 ottobre 2011

Marson fra le ombre etrusche. L'assessore: "Attaccano me, ma qual è il veo obiettivo?"

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Corriere Fiorentino, 22 ottobre 2011


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sabato 22 ottobre 2011

La lettera aperta di Giuliano Volpe a Enrico Rossi e Maddalena Ragni

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Lettera aperta di Giuliano Volpe, archeologo e Rettore dell'Università di Foggia, 22 ottobre 2011

Al Presidente della Regione Toscana
Dott. Enrico Rossi
Alla Direttrice per i beni culturali e paesaggistici della Toscana
Dott.ssa Maddalena Ragni



Gentile Presidente, Gentile Direttrice
Come forse sapranno, alcune settimane fa sono intervenuto con una breve nota (http://eddyburg.it/article/articleview/17623/1/92) in merito alla questione dei rinvenimenti archeologici di San Casciano. Il mio intervento, come archeologo e come cittadino italiano interessato alla conoscenza, tutela e valorizzazione del patrimonio culturale, si limitava a brevi considerazioni e soprattutto a porre alcune domande, che nel frattempo non hanno ricevuto alcuna risposta. E nessuna risposta, mi sembra, ha ricevuto anche Salvatore Settis, che ha espresso pubblicamente i suoi dubbi e le sue riserve.

Poiché non conosco la situazione, non disponendo di informazioni di prima mano (e come me, credo, nessuno, al di fuori della stretta cerchia degli addetti ai lavori), non posso e non voglio entrare, anche in questa occasione, nel merito del significato e del valore, dell’entità scientifica e culturale del ritrovamento, né del perché dell’assenza di indagini preventive che probabilmente avrebbero evitato questa contrapposizione, e nemmeno delle scelte - a mio parere assolutamente discutibili, anche se certamente legittime e, in altri casi eccezionali, praticate - di ‘delocalizzare’ i resti archeologici (uso volutamente questa brutta espressione), pur restando dell’idea, come avevo già scritto, che:
a) «se i ritrovamenti sono relativi a “pochi muretti”, come qualcuno sussurra, si abbia il coraggio di portare la decisione alle estreme conseguenze, si documenti e si pubblichi l’intero contesto archeologico, e lo si sacrifichi autorizzando la costruzione del capannone al di sopra dei resti»;
b) «se, invece, si trattasse di elementi di grande interesse storico-archeologico, tali da richiederne addirittura lo smontaggio e la ricollocazione in altro luogo, allora forse sarebbe il caso di riesaminare più attentamente la questione, privilegiando la conservazione in situ».

Il problema che invece pongo, a questo punto, è un altro, forse ancor più significativo, perché tocca la concezione democratica e trasparente dell’archeologia. Perché non si sono fornite notizie sui ritrovamenti? Perché non si sono aperti i cantieri ad archeologi, ad esperti, ad associazioni, ai cittadini, come avviene in tutti i paesi europei, anche in problematici contesti urbani e rurali? Corrisponde a verità quanto si dice a proposito della minaccia dell’intervento delle forze dell’ordine per impedire alla stampa la ripresa fotografica e video dei resti? L’opacità produce sempre dubbi e sospetti. L’archeologia ha bisogno di trasparenza e di coinvolgimento sociale.

Il prossimo anno terremo a Firenze un convegno sull’Archeologia Pubblica, al quale un gruppo di archeologi, tra cui chi scrive, sta lavorando da tempo. Come potremmo parlare di archeologia pubblica, di ruolo sociale dell’archeologia, di partecipazione democratica, mentre non si garantisce nemmeno, in situazioni come queste, un minimo di trasparenza?

Sono sicuro che, anche in questa occasione, la Regione Toscana, regione di solide tradizioni democratiche e modello di politiche di conservazione e valorizzazione del patrimonio culturale e paesaggistico, saprà offrire una risposta capace di fugare quei dubbi e quei sospetti che finora questa triste vicenda ha oggettivamente prodotto.

Con i saluti più cordiali e con grande stima

Giuliano Volpe

venerdì 21 ottobre 2011

Campagna per il congelamento del debito

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Continuano a farci credere che per uscire dal debito dobbiamo accettare manovre lacrime e sangue che ci impoveriscono e demoliscono i nostri diritti. Non è vero. La politica delle manovre sulle spalle dei deboli è voluta dalle autorità monetarie europee come risultato della speculazione. Ma è intollerabile che lo Stato si adegui ai ricatti del mercato: la sovranità appartiene al popolo, non al mercato!
Esiste un'altra via d'uscita dal debito. E' la via del congelamento e se la condividi ti invitiamo a firmare e a diffondere questo documento, affinché si crei una grande onda che dica basta alle continue manovre che distruggono il tessuto sociale. Il problema del debito va risolto alla radice riducendone la portata. Non è vero che tutto il debito va ripagato, il popolo ha l'obbligo di restituire solo quella parte che è stato utilizzata per il bene comune e solo se sono stati pagati tassi di interesse accettabili. Tutto il resto, dovuto a ruberie, sprechi, corruzione, è illegittimo e immorale, come hanno sempre sostenuto i popoli del Sud del mondo.
Per questo chiediamo un'immediata sospensione del pagamento di interessi e capitale, con contemporanea creazione di un'autorevole commissione d'inchiesta che faccia luce sulla formazione del debito e sulla legittimità di tutte le sue componenti. Le operazioni che dovessero risultare illegittime, per modalità di decisione o per pagamento di tassi di interesse iniqui, saranno denunciate e ripudiate come già è avvenuto in altri paesi.
La sospensione sarà relativa alla parte di debito posseduto dai grandi investitori istituzionali (banche, assicurazioni e fondi di investimento sia italiani che stranieri) che detengono oltre l’80% del suo valore. I piccoli risparmiatori vanno esclusi per non compromettere la loro sicurezza di vita.
Contemporaneamente va aperto un serio e ampio dibattito pubblico sulle strade da intraprendere per garantire la stabilità finanziaria del paese secondo criteri di equità e giustizia.
Almeno cinque proposte ci sembrano irrinunciabili:

*riforma fiscale basata su criteri di tassazione marcatamente progressiva;
*cancellazione dei privilegi fiscali e seria lotta a ogni forma di evasione fiscale;
*eliminazione degli sprechi e dei privilegi di tutte le caste: politici, alti funzionari, dirigenti di società;
*riduzione delle spese militari alle sole esigenze di difesa del paese e ritiro da tutte le missioni neocoloniali;
*abbandono delle grandi opere faraoniche orientando gli investimenti al risanamento dei territori, al    potenziamento delle infrastrutture e dell'economia locali, al miglioramento dei servizi sociali col coinvolgimento delle comunità.

Attorno a queste poche, ma concrete rivendicazioni, è importante avviare un dibattito quanto più ampio possibile, partecipando al forum appositamente costituito all'indirizzo www.cnms.it/forum
Se poi l'onda crescerà, come speriamo, decideremo tutti insieme come procedere per rafforzarci e ottenere che questa proposta si trasformi in realtà.

Francuccio Gesualdi , Aldo Zanchetta, Alex Zanotelli, Bruno Amoroso, Antonio Moscato, Alberto Zoratti, Claudia Navoni, Rodrigo A.Rivas, Giorgio Riolo, Roberto Bugliani, Luigi Piccioni, Michele Boato, Carlo Contestabile Ciaccio, Roberto Fondi, Roberto Mancini, Gianni Novelli, Achille Rossi, Paolo Cacciari, Maurizio Fratta, Fabio Lucchesi, Lorenzo Guadagnucci, Nadia Ranieri, Paola Mazzone, Enrico Peyretti, Gaia Capogna, Francesco Amendola, Uberto Sapienza, Manuela Moschi, Mauro Casini, Roberto Viani, Michela Caniparoli, Franco Fantozzi, Franco Nolli

L'ambiente o il salario, i rischi di un ricatto

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L'ambiente o il salario, i rischi di un ricatto
di Paolo Baldeschi, Corriere Fiorentino, giovedì 20 ottobre 2011


Al punto in cui siamo giunti, in piena crisi economica, con la gente che perde il lavoro e deve pagare il mutuo per la casa, è quasi impossibile che si trovi una soluzione alla vicenda Laika che salvi salario e ambiente. Quando si ha la pictola alla tempia si deve mollare la borsa e se fossi nelle condizioni degli operai della Laika anch'io mi batterei per la costruzione del capannone senza ulteriori indugi.

Ma, tuttavia, sarei ben consapevole di essere sotto ricatto. E ciò, a maggior ragione deve valere per sindacalisti e politici che si sono schierati senza fare alcuno sforzo per comprendere le ragioni di chi si è opposto al progetto, quando ancora si poteva trovare una soluzione soddisfacente per tutti.

Proviamo ad immaginare cosa succederebbe se tutte le imprese industriali che si vogliono rilocalizzare in Toscana o aprire una fabbrica nella nostra regione agissero come la Hymer AG, la multinazionale tedesca che ha rilevato nel 2001 l'azienda: rifiutando di insediarsi nelle zone industriali esistenti, ma pretendendo di scegliere un'area agricola e ottenendo una variante ad hoc degli strumenti urbanistici.

Il nostro territorio sarebe disseminato di capannoni localizzati a casaccio, fuori dalle aree industriali (peraltro piene di stabilimenti dismessi e di lotti inutilizzati); con buona pace del paesaggio e ambiente che non solo sono beni di cui godono tutti, anche gli operai della Laika, ma fattori fondamentali dell'attrattività del territorio rispetto al capitale umano qualificato: i "talenti" necessari per lo sviluppo di produzioni innovative e ad alta intensità di conoscenza, l'unica chance per una modernizzazione della Toscana.

Chi sostiene qui e ora l'insediamento della Laika, dovrebbe essere consapevole che l'intero affare è stato mal condotto dal Comune di San Casciano e che si tratta di un pessimo esempio di gestione del territorio, da non ripetere. E invece no, si è scelto la strada di ridicolizzare gli oppositori, dipinti come difensori del paesaggio cartolina, utilizzando i più vieti e diseducativi slogan polemici. Un atteggiamento tanto più grave da parte dei politici il cui compito fondamentale è di comporre in una sintesi, si spera migliore, i diversi interessi e non di schierarsi acriticamente per una parte.

A meno che la Laika non sia utilizzata come una clava per colpire un avversario politico o presunto tale; tacciandolo addirittura del reato di non essere nato in Toscana (d'altronde come la multinazionale tedesca). Forse neanche il peggiore leghismo arriverebbe a tanto; ma si sa, il problema di buona parte della politica italiana, in questo caso locale, è innanzitutto un drammatico gap culturale.

Paolo Baldeschi ordinario di Pianificazione del Paesaggio

giovedì 20 ottobre 2011

Caso Laika: tre donne contro lo “sviluppismo” della classe dirigente toscana

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Il caso della ristrutturazione industriale dello stabilimento Laika di San Casciano, in provincia di Firenze, ha reso evidente come la classe dirigente toscana tutta (partiti, amministratori, industriali e sindacati, con il supporto di molta stampa) sia ormai avariata, incapace di fare i conti con la modernità, incredibilmente masochista nel non vedere le opportunità offerte dal superamento di una cultura sviluppista che tanti danni ha fatto nel secolo scorso e che ancora oggi vive e vegeta grazie a pallide caricature di Agnelli, Togliatti e Di Vittorio.

In questa pagina riportiamo le parole di tre donne: Lucia Carlesi, consigliera comunale a San Casciano e protagonista della vicenda; Anna Marson, assessore regionale all’urbanistica e al territorio; Ornella De Zordo, consigliera comunale a Firenze. Tutte e tre hanno un ruolo all’interno delle istituzioni e tutte e tre animano un dibattito culturale ineludibile, che, se svolto compiutamente, potrà offrire alla nostra regione, e non solo, una prospettiva futura in grado di rimettere al centro la persona e l’ecosistema in cui essa vive. A scapito, una volta tanto, del profitto e della rendita di pochi che, è il caso della Laika di San Casciano, trova, il sostegno – incredibile, se non fosse figlio del ricatto occupazionale – di chi raccoglie le briciole sotto al tavolo. (R.C.)


UNA VITTORIA DI PIRRO

di Lucia Carlesi
http://laboratorioperunaltrasancasciano.blogspot.com/


Quando la demagogia prevale sul confronto e sul rispetto, perde la democrazia. È quanto è successo durante la seduta del consiglio comunale di San Casciano del 29 settembre quando, tutti insieme, partiti di sinistra (ma questa definizione è ancora possibile?), di destra e lista civica, appoggiati dai dipendenti Laika giunti in gran numero, hanno “processato” il nostro gruppo Laboratorio per un’Altra San Casciano-Rifondazione Comunista che ha presentato un ordine del giorno per opporsi alla decisione presa dall’Amministrazione di rimuovere i reperti archeologici di Ponterotto. Facile intuire l’esito della discussione, viste le forze in campo. Ma siamo sicuri che non sia la vittoria di Pirro?

Ha prevalso la demagogia, appunto. Le nostre motivazioni di contrarietà al progetto sono state chiare e argomentate, dobbiamo constatare che ieri nell’aula consiliare nessuno ha saputo o voluto dare risposte concrete alle nostre obiezioni.

Noi abbiamo parlato di difesa dei beni comuni: l’ambiente, il paesaggio, il patrimonio storico di una collettività si tutelano quando non si mettono in conflitto con la dignità del lavoro e i diritti dei lavoratori, quando si ha la capacità politica di gestire i processi economici e le dinamiche sociali di un territorio. Su questi temi non prendiamo lezioni da nessuno. Sul banco degli imputati mettiamo questa amministrazione che in dieci anni non ha saputo offrire una risposta concreta alle richieste sacrosante dei lavoratori. Nessuno può essere così ingenuo da credere che, se ancora non è stata posata la fatidica prima pietra del nuovo stabilimento, la colpa sia di “quattro ambientalisti”.

La nuova Laika sarebbe realizzata da tempo se fin da subito fosse stata scelta una localizzazione idonea. In realtà, cedendo al ricatto occupazionale, l’amministrazione ha intrapreso una faraginosa e complessa procedura urbanistica grazie alla quale l’impresa ha ottenuto la possibilità di costruire su terreni agricoli a Ponterotto: un’operazione di rendita immobiliare che, abbiamo sempre sostenuto, ci pare abbia avuto poco a che fare né con la presunta urgenza imprenditoriale, né con la salvaguardia dei posti di lavoro. Non ha insegnato niente la fallimentare esperienza Stianti a San Casciano? O lo stabilimento Laika a Sambuca ottenuto anche in quell’occasione con variante urbanistica ad hoc e mai utilizzato? Non è seguendo gli “appetiti” industriali che si tutelano i lavoratori, si può però fare demagogia e farlo credere.

Adesso, ancora una volta strumentalmente, si afferma che “sfrattare gli etruschi”, rimuovere dal sito i reperti emersi a Ponteretto, significherà contemporaneamente valorizzare i ritrovamenti e offrire ulteriori, concrete garanzie al mondo del lavoro.
Niente di più falso. In un momento di grave crisi nazionale e mondiale del settore nel quale è coinvolta pesantemente anche la multinazionale Hymer, costruire un gigantesco capannone, che sembra effettivamente sproporzionato rispetto alle previsioni produttive dell’azienda, non potrà dare nessuna certezza ai lavoratori. Si perderà invece l’autenticità di una testimonianza storica, trattando i resti della fattoria etrusca e della villa romana alla stregua di mattoncini Lego, come in questi giorni ha osservato autorevolmente il prof. Settis, commentando la vicenda. Per far questo l’amministrazione investe proprie risorse, fateci capire dov’è l’interesse pubblico dell’operazione.

Vorremmo anche una risposta ai dubbi sollevati sulla correttezza della delibera che la Giunta ha adottato, ove, tra l’altro, non viene dichiarato l’ammontare della spesa pluriennale che si dovrebbe sostenere e neanche a quali capitoli di bilancio viene imputata.

Di tutto ciò avremmo voluto discutere in consiglio comunale; purtroppo abbiamo soltanto assistito al triste spettacolo di un’amministrazione impegnata solamente a costruire un capro espiatorio (l’ambientalismo contrapposto a chi difende il “lavoro”) per scaricare le proprie responsabilità. Noi abbiamo offerto una chiave di lettura diversa della vicenda e come sempre abbiamo coerentemente rappresentato un’altra prospettiva e un’altra proposta politica che vede nella riconversione ecologica dell’economia, nella difesa dei beni comuni e nella tutela del territorio l’unica strada che abbiamo a disposizione per uscire da una crisi economica strutturale e dare risposte serie e concrete,nel tempo, al mondo del lavoro. Ed è così che esprimiamo la nostra solidarietà con i lavoratori Laika.

Ci crediamo e continueremo a sostenere con impegno queste proposte.

***

SI RIDICOLIZZA PER NON ENTRARE NEL MERITO DELLA QUESTIONE

di Anna Marson
http://www.regione.toscana.it/annamarson/index.html

Nelle ultime settimane, a partire dalla tribuna dell’assemblea regionale di Confindustria, e successivamente dalle pagine di molti giornali toscani, è stato più volte utilizzato lo slogan dell’«ambientalismo in cachemire che blocca lo sviluppo». Lo slogan è curioso, e farebbe quasi sorridere, oggi che il cachemire si vende anche all’Ipercoop e nel mercato dell’usato: dunque la cittadinanza attiva sulle questioni ambientali, che è piuttosto ampia e trasversale rispetto alle classi di reddito, veste comunque in cachemire.

In realtà non si può affatto sorriderne, perché esso sembra sottendere da parte di chi lo usa, oltre all’offesa o alla ridicolizzazione pubblica quale strumento per evitare di entrare nel merito delle questioni poste, l’equazione fra ambientalisti e percettori di rendite. Fra questi ultimi vi sarebbero anche i professori universitari, il cui stipendio in realtà dagli anni Cinquanta a oggi si è ridotto in termini reali svariate volte, scivolando ai minimi della dirigenza pubblica (per tacere di quella privata). Soggetti dunque cui negare il diritto di parola rispetto a progetti che promettono (nelle dichiarazioni di chi li propone) di produrre reddito.

L’esperienza maturata in questi anni evidenzia invece come siano proprio gli attori sociali, spesso fortemente compositi, che si attivano in prima persona per difendere la qualità dei luoghi in cui vivono, a mettere in questione le diverse rendite, troppo spesso rese possibili da accordi pubblico-privato e sinistra-destra che non mettono nel conto i costi collettivi di medio e lungo periodo, ma solo i ritorni elettorali e di altro genere (come molte indagini giudiziarie evidenziano), socializzando le perdite e privatizzando i profitti. Sono gli ambientalisti a bloccare lo sviluppo, o queste rendite da vero «cachemire di lusso»?

È comprensibile che gli imprenditori privati presentino le loro proposte, anche quelle speculative, come le migliori possibili. Inquieta invece che rappresentanti di istituzioni pubbliche, e di partiti cosiddetti progressisti, le accolgano entusiasticamente, rilanciandole con il refrain crescita eguale occupazione, evocando in modo sinistro la non così lontana — nel tempo e nello spazio — rinuncia all’ambiente e alla salute in cambio di un salario. Occupazione peraltro sempre più precaria e sottopagata, che rischia di essere un alibi per non entrare nel merito delle politiche pubbliche in questione, sempre più subordinate alle ragioni dell’economia finanziaria che ci ha portato all’attuale crisi.

In questa fase di crisi di sistema, caratterizzata da scenari molto incerti per quanto riguarda il nostro futuro, il territorio rappresenta nelle sue diverse prestazioni un bene collettivo assolutamente fondamentale. Chi toglie legittimità a quanti chiedono di comprendere chiaramente il saldo tra guadagni privati e interesse collettivo nelle operazioni di trasformazione del territorio, e di rinnovare così la politica nell’accezione autentica di cura del bene comune, apre la strada a una poco oculata svendita sia del territorio che della politica.

***

POCA TRASPARENZA IN UNA VICENDA CHE UNISCE DESTRA E SINISTRA

di Ornella De Zordo
http://www.perunaltracitta.org

Piena solidarietà della lista di cittadinanza ‘perUnaltracittà’ alla consigliera Lucia Carlesi di Laboratorio ‘Per un’altra San Casciano’, oggetto di violenti attacchi verbali nel corso della seduta di Consiglio comunale del 29 settembre. A provocare l’attacco, condiviso in modo bipartisan da destra e centrosinistra, è stato l’ordine del giorno da lei depositato in merito al ritrovamento dei reperti archeologici venuti alla luce a Ponterotto nel corso della costruzione del nuovo capannone della Laika Caravans.

In modo strumentale si è voluta attribuire a chi difende il territorio e il patrimonio culturale la responsabilità dei ritardi dello stabilimento Laika nella realizzazione di un progetto risalente ormai a 10 anni fa. Lucia Carlesi ha coraggiosamente affermato che la difesa di ambiente e patrimonio storico viene tutelata quando non è messa in conflitto con la dignità del lavoro e i diritti dei lavoratori, e ha esplicitamente attribuito la responsabilità di contrapporre ancora una volta ambiente e lavoro all’amministrazione comunale di San Casciano che in 10 anni non ha saputo dare una risposta concreta a questo problema.

Bastava trovare una localizzazione idonea all’insediamento della nuova Laika senza consentire l’operazione speculativa che ha consentito l’attuale insediamento a Ponterotto, terreno agricolo e ricco di reperti archeologici (si veda su questo archeopatacca.blogspot.com). E invece l’amministrazione di san Casciano non solo ha consentito un’operazione di rendita immobiliare della multinazionale ma ha investito proprie risorse senza neanche dichiarare l’impegno economico a cui dovrà far fronte per vari anni.

Sosteniamo quindi l’azione della consigliera Carlesi che ha richiesto senza farsi intimidire un altro modo di coniugare diritto al lavoro e diritto all’ambiente, e ha indicato un’altra modalità con cui le pubbliche amministrazioni devono lavorare in modo trasparente per l’interesse generale della collettività e non per il potente di turno.

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L'Inchiesta di La Repubblica - Archeologia vs industria

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A San Casciano (Firenze) è scontro tra le ragioni dell'archeologia e quelle del lavoro. Al centro un capannone industriale e una casa etrusca. Da mesi non si riesce a venirne a capo.

Come conciliare le ragioni della tutela di paesaggio e beni culturali e le ragioni della crescita industriale? La questione continua a proporsi in un paese come l'Italia ricco di un patrimonio inestimabile, sul quale gravano incuria e indifferenza. Talvolta le due ragioni riescono a convivere, ma molto spesso l'elemento che prevale è il conflitto. Nascono lunghi e faticosi contenziosi che producono solo paralisi. Tanto più insopportabili in un periodo di crisi.

realizzata da Francesco Erbani insieme a Mario Neri per il video della parte toscana, Le Inchieste di La Repubblica online, 17 ottobre 2011

1 IL CASO - I posti di lavoro o l'archeologia? Scontro nel cuore della Toscana
2 IL CONFRONTO - Fabbrica o casa etrusca?
3 IL CASO - Sepino, l'antico tratturo romano scassato dalla strada dell'eolico
4 LA CENSURA - E la Soprintendenza chiama i carabinieri
5 IL VIDEO - "Andatevene, le riprese qui sono vietate"
6 LE IMMAGINI - La casa etrusca pomo della discordia

Questa inchiesta si muove fra la Toscana e il Molise. L'ha realizzata Francesco Erbani insieme a Mario Neri per il video della parte toscana. A San Casciano vengono rinvenuti i reperti di due edifici, uno etrusco, l'altro romano, nel cantiere dove si costruisce un capannone industriale di 300 mila metri cubi. Il Comune e l'azienda decidono di smontare i reperti e di rimontarli su una collinetta artificiale. È un'archeopatacca, insorgono le associazioni ambientaliste, che già avevano contestato la localizzazione della fabbrica. Il braccio di ferro è durissimo. I nervi tesi, come dimostra il fatto che la Soprintendenza di Firenze, favorevole alla ricollocazione, ha fatto chiamare i carabinieri per impedire ai nostri giornalisti di filmare o fotografare il sito archeologico.

Nel Molise, invece, potrebbe sorgere un impianto eolico lungo il crinale di una collina che sovrasta il sito archeologico di Saepinum, città prima sannitica e poi romana. Inoltre le pale, alte centotrenta metri, verrebbero impiantate lungo un antico tratturo. La strada, dove è visibile la pavimentazione romana, è stata ricoperta di pietrisco e usata come strada di cantiere. La Procura indaga e il Gip ha sequestrato il sito.

Leggi su La Repubblica

Caso Laika. Rifondazione fa quadrato a sostegno della "linea San Casciano"

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Matteo Pucci, Metropoli, 14 ottobre 2011

Nessun ripensamento dai livelli regionali e provinciali del partito
Cristiano (segretario regionale): "In colonica ci stanno quelli del PD"

Non ci sono "comunisti da colonica" come li aveva definiti il consigliere comunale Pd Letizia Giuliani nella seduta del 29 settembre, quando si era discusso del caso-Laika a San Casciano...
... Sul lavoro e Laika Malpezzi sottolinea di essere "da sempre a sostegno e in difesa dei lavoratori e delle attività produttive, per cui ci dichiariamo comunque felici che il presidio Laika venga mantenuto. Ma è il segno del fallimento di una parte del centro-sinistra che amministra i territori senza affrontare il nodo della tutela ambientale".
Anche il capogruppo del Prc in Provincia, Andrea Calò, parla di "accuse strumentali" e accusa il Comune di San Casciano di "non aver mai brillato per attenzione ai temi ambientali"...

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lunedì 17 ottobre 2011

Cashmere & Rendita, Addio all'Ambiente con l'Alibi del Lavoro

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Corriere Fiorentino
Domenica 16 Ottobre, 2011
Cashmere & Rendita, Addio all'Ambiente con l'Alibi del Lavoro
Lo slogan è curioso, e farebbe quasi sorridere, oggi che il cachemire si vende anche all'Ipercoop e nel mercato dell'usato: dunque la cittadinanza attiva sulle questioni ambientali, che è piuttosto ampia e trasversale rispetto alle classi di reddito, veste comunque in cachemire. In realtà non si può affatto sorriderne, perché esso sembra sottendere da parte di chi lo usa, oltre all'offesa o alla ridicolizzazione pubblica quale strumento per evitare di entrare nel merito delle questioni poste, l'equazione fra ambientalisti e percettori di rendite. Fra questi ultimi vi sarebbero anche i professori universitari, il cui stipendio in realtà dagli anni Cinquanta a oggi si è ridotto in termini reali svariate volte, scivolando ai minimi della dirigenza pubblica (per tacere di quella privata). Soggetti dunque cui negare il diritto di parola rispetto a progetti che promettono (nelle dichiarazioni di chi li propone) di produrre reddito.
L'esperienza maturata in questi anni evidenzia invece come siano proprio gli attori sociali, spesso fortemente compositi, che si attivano in prima persona per difendere la qualità dei luoghi in cui vivono, a mettere in questione le diverse rendite, troppo spesso rese possibili da accordi pubblico-privato e sinistra-destra che non mettono nel conto i costi collettivi di medio e lungo periodo, ma solo i ritorni elettorali e di altro genere (come molte indagini giudiziarie evidenziano), socializzando le perdite e privatizzando i profitti. Sono gli ambientalisti a bloccare lo sviluppo, o queste rendite da vero «cachemire di lusso»?
È comprensibile che gli imprenditori privati presentino le loro proposte, anche quelle speculative, come le migliori possibili. Inquieta invece che rappresentanti di istituzioni pubbliche, e di partiti cosiddetti progressisti, le accolgano entusiasticamente, rilanciandole con il refrain crescita eguale occupazione, evocando in modo sinistro la non così lontana — nel tempo e nello spazio — rinuncia all'ambiente e alla salute in cambio di un salario. Occupazione peraltro sempre più precaria e sottopagata, che rischia di essere un alibi per non entrare nel merito delle politiche pubbliche in questione, sempre più subordinate alle ragioni dell'economia finanziaria che ci ha portato all'attuale crisi.
In questa fase di crisi di sistema, caratterizzata da scenari molto incerti per quanto riguarda il nostro futuro, il territorio rappresenta nelle sue diverse prestazioni un bene collettivo assolutamente fondamentale. Chi toglie legittimità a quanti  hiedono di comprendere chiaramente il saldo tra guadagni privati e interesse collettivo nelle operazioni di trasformazione del territorio, e di rinnovare così la politica nell'accezione autentica di cura del bene comune, apre la strada a una poco oculata svendita sia del territorio che della politica.
Anna Marson
assessore regionale alla tutela del paesaggio

Pericoli: la terra conserva la storia, va difesa

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Edoardo Semmola  Corriere Fiorentino
Domenica 16 Ottobre, 2011
«Il paesaggio, una catena E Laika spezza un anello»
Pericoli: la terra conserva la storia, va difesa
Li chiama «graffi». Pennellate che graffiano la natura svelandone i segreti. È così che i paesaggi di Pericoli rivelano i pericoli che corre il territorio: «Dentro ogni pezzo di natura c'è un'anima nascosta, il corpo di un poeta che gli dà forma. Il mio compito è raccontare, far intuire e percepire, questa parte segreta: perché sotto ogni superficie esiste una storia, un percorso di vita che ha determinato quella forma. È la storia culturale di una comunità che forma il paesaggio. È una catena, di cui noi siamo un singolo anello che ci ricongiunge a ere passate e che ci rende responsabili degli anelli futuri».
Dalla sua casa di Milano, Tullio Pericoli guarda all'affare Laika-Etruschi con il sereno distacco che riserva ai paesaggi oggetto dei suoi acquerelli che dal 29 ottobre, a cura di Laura Accordi, saranno esposti alla Galleria Babele di Firenze (e, in contemporanea, il Museo Civico Archeologico di Fiesole mostrerà 52 dei suoi «Ritratti»): «Il paesaggio è bello finché rivela la sua storia — spiega — Interventi come questo della Laika sono colpi di mazza diretti contro gli anelli del presente e rischiano di spezzare il percorso futuro della catena. Dobbiamo difendere ciò che sotto la terra è conservato, altrimenti distruggiamo il percorso dell'umanità di cui siamo responsabili pensando agli anelli che verranno».
Milanese d'adozione ma marchigiano di nascita, il 75enne pittore celebre in tutto il mondo rivela una sensibilità per le trasformazioni della terra lunga quanto la sua intera vita: «Affacciandomi dal balcone della casa dove vivevo da ragazzo — racconta — ho visto spuntare un campanile che prima della guerra non vedevo. Mi sono chiesto se avessero allungato il campanile. E invece no, si era "solo" abbassata la collina. Mi sono interessato al fenomeno e ho scoperto che quando l'aratro trainato dai buoi è stato sostituito dal trattore, i solchi nel terreno sono passati da orizzontali a verticali e si è prodotto un arrotondamento e abbassamento del paesaggio. Queste sono trasformazioni lente e nessuno se ne accorge a meno che non vada via e ritorni dopo molti anni. Ma le modifiche brutali delle costruzioni che sfregiano i luoghi, quelle hanno un impatto forte e dilaniante sulle mie emozioni. Anche per questo i miei paesaggi non sono quasi mai abitati dall'uomo o da edifici, ma parlano dell'uomo attraverso i segni e i graffi che vengono dalla mia mano».
Spiega Pericoli che la pittura non ha solo un valore intrinseco, artistico. Ma anche una funzione, diciamo così, «sociale». E a suo modo, rimanendo nella metafora, «rafforza» la catena: «Oscar Wilde diceva che gli inglesi si sono accorti che a Londra c'è la nebbia solo quando l'ha dipinta Whistler. Pensando alla Toscana, sono convinto che la terra senese in particolare sia così amata, così protetta, anche perché è eccezionalmente firmata, molto dipinta. I toscani sono abituati a vedere la propria terra attraverso le opere di grandi come Piero della Francesca, che ci ha affinato gli occhi. Il pittore un paesaggio non lo dipinge e basta ma lo indica, lo fa vedere da un punto di vista diverso attraverso i colori che ne estrae.
Esercitando l'occhio di chi guarda non solo nei riguardi del quadro, ma anche del paesaggio stesso. Quando dipingo, non metto solo i colori sulla tela, è come se li mettessi sul paesaggio stesso perché chi guarda una collina poi filtrerà ciò che vede anche attraverso gli occhi del quadro».
La pittura, dunque, «contribuisce a sviluppare il senso di appartenenza, di proprietà, di protezione. Ciò che conosci ami, ciò che ami sei più portato a ricca di esempi: «Più un paesaggio contiene una storia, più prende la sua forma e ne manifesta la profondità culturale. E i paesaggi toscani hanno una grande quantità di interiorità da esprimere. Più sono elaborati dall'uomo, accarezzati, vissuti, più raccontano di sé».


giovedì 13 ottobre 2011

15 Ottobre 2011 Manifestazione globale dei cittadini

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Sabato 15 Ottobre a Roma è organizzata una GRANDE manifestazione contro le misure economiche e sociali prese in questo importante e delicato momento, e per rilanciare proposte alternative.

In tanti altri paesi del mondo il 15 Ottobre si scenderà in piazza per chiedere in maniera forte un cambio di rotta di cui le nostre società hanno bisogno. http://15october.net/
http://www.youtube.com/watch?v=4y3X2VFruLM

Chi manifesta chiede invece di poter mettere in campo altre politiche:

contro le speculazioni finanziarie,
contro l'evasione fiscale,
contro le spese per gli armamenti,
per la tutela dei diritti dei lavoratori,
per una economia ambientalmente e socialmente sostenibile.

"Gli esseri umani prima dei profitti, non siamo merce nelle mani di politici e banchieri,
chi pretende di governarci non ci rappresenta, l’alternativa c’è ed è nelle nostre mani, democrazia reale ora!”

Leggi l'Appello compelto sul sito:
http://15ottobre.wordpress.com/appello-manifestazione-15-ottobre-2011/

La bellezza - I Cento Passi

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Firenze: 5 denunciati perché difendono l'esito referendario alla staffetta di Federutility

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Il Forum Italiano dei Movimenti per l'acqua e il Movimento Toscano per l'Acqua

Pubblica apprendono dal sito della Questura di Firenze e dalla stampa locale della denuncia a cinque attivisti per violenza privata a Pietro Mennea a seguito della contestazione alla tappa fiorentina della cosiddetta “Staffetta dell'acqua” di Federutility.

Riteniamo la denuncia un atto esagerato e intimidatorio, volto a scoraggiare le future azioni di protesta contro una manifestazione che viene propagandata come “in continuità con i referendum” ma che in realtà distorce e mistifica quando il Forum Italiano dei Movimenti per l'Acqua e il Comititato Promotore 2 Sì per l'Acqua Bene Comune hanno fatto per la vittoria referendaria.

Si tratta di una manifestazione propagandistica pubblica pagata con le bollette degli utenti. Il Comitato Toscano ha rappresentato la sua giusta indignazione nei confronti di Federutility e di Publiacqua Spa che sembrano comportarsi in Toscana come veri e propri padroni dell'acqua. Lo hanno fatto a nome di un milione e settecentocinquantamila cittadini toscani che hanno votato ai referendum del 12 e 13 giugno 2011 e che non hanno ancora visto dalle amministrazioni e dalle società passi concreti per l'attuazione del risultato referendario. In Toscana, come nel resto d'Italia, dobbiamo sorbirci passerelle di politici, manager e personaggi pubblici che si intestano il successo dei referendum invece che procedere al taglio del 7% di remunerazione del capitale dalle bollette dell'acqua come richiesto dal secondo quesito referendario.

Denunciare 5 persone a Firenze è come denunciarne un milione e settecentocinquantamila in Toscana e ventisette milioni in Italia.
Se si vuol far rispettare veramente la legalità non si proceda verso i nostri attivisti ma si imponga alle società che gestiscono il servizio idrico l'attuazione della volontà popolare.


Roma - Firenze, 7 ottobre 2011


Forum Toscano dei movimenti per l'acqua, Comitato Toscano 2 Si per l'Acqua Bene Comune, Forum Italiano dei Movimenti per l'Acqua

martedì 11 ottobre 2011

Il paesaggio è pane. Ma alla sinistra piace poco

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Il Corriere Fiorentino, 11 ottobre 2011

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lunedì 10 ottobre 2011

Gli Etruschi e la CGIL

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Eugenio Tassini, Corriere Fiorentino, 10.10.2011

Uno stupito Alessio Gramolati si domanda sull’edizione fiorentina di La Repubblica di ieri come sia possibile di questi tempi (fabbriche che chiudono, operai in cassa integrazione, economia che stenta, investimenti che non arrivano) perder tempo a discutere di quattro cocci etruschi e romani trovati in mezzo al campo dove la Laika (d’accordo il Comune di San Casciano), vorrebbe costruire il suo nuovo stabilmento. Si perde inutilmente tempo (dieci anni) e si rischia di far perdere la pazienza ai manager e ai padroni della multinazionale tedesca. Fin qui Gramolati potrebbe anche aver ragione.

Sicuramente l’aveva un tempo, quando la sensibilità e l’attenzione per il consumo del nostro territorio era un valore meno importante di altri. Però poi, proprio alla fine, il segretario della Cgil si lascia un pò andare. E dopo aver scritto che non ha nulla contro gli etruschi (e ci mancherebbe altro), «popolo gaudente e laborioso», sostiene che il ritardo nella costruzione della fabbrica di camper è colpa di quelli che vedono la Toscana «unicamente come terra di buon ritiro, e non regione dove investire». Insomma quelli coi golfini di cashmere e il rustico ristrutturato in collina. Che sarebbbero poi gli stessi che non vogliono la Tirrenica costruita sull’Aurelia che taglia in due la Maremma, il rigassificatore a Rosignano davanti ai bagni, i campi «coltivati» a pannelli solari, il resort al parco di Rimigliano, i tralicci di Terna sulle colline del Valdarno, le pale eoliche davanti a Viareggio. Oppure che si fermano alle Cascine un momento a guardare quanto è brutta la scatola grigia del Nuovo Maggio.

La questione è più drammatica della contrarietà di quattro vecchietti ricchi in collina che non vedono più bene il tramonto. E purtroppo per Gramolati coinvolge tutti noi, anche se non abbiamo cashmere e villette, e neanche tramonti. Però abbiamo scoperto la bellezza, e che anche questa è una risorsa. Una volta era semplice: se un grande imprenditore voleva investire gli davi quello che voleva, consumavi (a volte sciupavi) la tua terra (anche per sempre), ma avevi lavoro. Oggi sono cambiati la nostra sensibilità, attenzione, sistema di valori.

La Solvay si è inventata Rosignano, e ha dato di che vivere a migliaia di persone. Ma oggi nessuno si sognerebbe di consegnare un pezzo di costa e di bellezza e di spiagge a una fabbrica anche se importante. Così siamo tutti stretti fra la necessità di lavorare (e pensare a uno sviluppo industriale) e l’urgenza di conservare quel che ci resta di bellezza, di storia, di cultura, di Toscana insomma.

In realtà, e qui sta l’errore di Gramolati, in entrambi i casi si pensa al futuro. E la soluzione non è scegliere fra Laika e etruschi, ma scegliere Laika e etruschi.

sabato 8 ottobre 2011

Gli ambientalisti non faranno da capro espiatorio

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La repubblica, 8 ottobre 2011

lunedì 3 ottobre 2011

Laika a Ponterotto, De Zordo: Solidarietà a Lucia Carlesi

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Comunicato stampa di Per un'altra Città, Firenze

Piena solidarietà della lista di cittadinanza 'perUnaltracittà' alla consigliera Lucia Carlesi di Laboratorio 'Per un'altra San Casciano', oggetto di violenti attacchi verbali nel corso della seduta di Consiglio comunale del 29 settembre. A provocare l'attacco, condiviso in modo bipartisan da destra e centrosinistra, è stato l'ordine del giorno da lei depositato in merito al ritrovamento dei reperti archeologici venuti alla luce a Ponterotto nel corso della costruzione del nuovo capannone della Laika Caravans.

In modo strumentale si è voluta attribuire a chi difende il territorio e il patrimonio culturale la responsabilità dei ritardi dello stabilimento Laika nella realizzazione di un progetto risalente ormai a 10 anni fa. Lucia Carlesi ha coraggiosamente affermato che la difesa di ambiente e patrimonio storico viene tutelata quando non è messa in conflitto con la dignità del lavoro e i diritti dei lavoratori, e ha esplicitamente attribuito la responsabilità di contrapporre ancora una volta ambiente e lavoro all'amministrazione comunale di San Casciano che in 10 anni non ha saputo dare una risposta concreta a questo problema.

Bastava trovare una localizzazione idonea all'insediamento della nuova Laika senza consentire l'operazione speculativa che ha consentito l'attuale insediamento a Ponterotto, terreno agricolo e ricco di reperti archeologici (si veda su questo archeopatacca.blogspot.com). E invece l'amministrazione di san Casciano non solo ha consentito un'operazione di rendita immobiliare della multinazionale ma ha investito proprie risorse senza neanche dichiarare l'impegno economico a cui dovrà far fronte per vari anni.

Sosteniamo quindi l'azione della consigliera Carlesi che ha richiesto senza farsi intimidire un altro modo di coniugare diritto al lavoro e diritto all'ambiente, e ha indicato un'altra modalità con cui le pubbliche amministrazioni devono lavorare in modo trasparente per l'interesse generale della collettività e non per il potente di turno.

Quando la demagogia prevale sul confronto e sul rispetto, perde la democrazia

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LABORATORIO PER UN'ALTRA SAN CASCIANO-RIFONDAZIONE COMUNISTA

COMUNICATO STAMPA

Quando la demagogia prevale sul confronto e sul rispetto, perde la democrazia. È quanto è successo durante la seduta del consiglio comunale di San Casciano del 29 settembre quando, tutti insieme, partiti di sinistra (ma questa definizione è ancora possibile?), di destra e lista civica, appoggiati dai dipendenti Laika giunti in gran numero, hanno “processato” il nostro gruppo Laboratorio per un'Altra San Casciano-Rifondazione Comunista che ha presentato un ordine del giorno per opporsi alla decisione presa dall'Amministrazione di rimuovere i reperti archeologici di Ponterotto. Facile intuire l'esito della discussione, viste le forze in campo. Ma siamo sicuri che non sia la vittoria di Pirro?
Ha prevalso la demagogia, appunto. Le nostre motivazioni di contrarietà al progetto sono state chiare e argomentate, dobbiamo constatare che ieri nell'aula consiliare nessuno ha saputo o voluto dare risposte concrete alle nostre obiezioni.

Noi abbiamo parlato di difesa dei beni comuni: l'ambiente, il paesaggio, il patrimonio storico di una collettività si tutelano quando non si mettono in conflitto con la dignità del lavoro e i diritti dei lavoratori, quando si ha la capacità politica di gestire i processi economici e le dinamiche sociali di un territorio. Su questi temi non prendiamo lezioni da nessuno. Sul banco degli imputati mettiamo questa amministrazione che in dieci anni non ha saputo offrire una risposta concreta alle richieste sacrosante dei lavoratori. Nessuno può essere così ingenuo da credere che, se ancora non è stata posata la fatidica prima pietra del nuovo stabilimento, la colpa sia di “quattro ambientalisti”.

La nuova Laika sarebbe realizzata da tempo se fin da subito fosse stata scelta una localizzazione idonea. In realtà, cedendo al ricatto occupazionale, l'amministrazione ha intrapreso una faraginosa e complessa procedura urbanistica grazie alla quale l'impresa ha ottenuto la possibilità di costruire su terreni agricoli a Ponterotto: un'operazione di rendita immobiliare che, abbiamo sempre sostenuto, ci pare abbia avuto poco a che fare né con la presunta urgenza imprenditoriale, né con la salvaguardia dei posti di lavoro. Non ha insegnato niente la fallimentare esperienza Stianti a San Casciano? O lo stabilimento Laika a Sambuca ottenuto anche in quell'occasione con variante urbanistica ad hoc e mai utilizzato? Non è seguendo gli “appetiti” industriali che si tutelano i lavoratori, si può però fare demagogia e farlo credere.

Adesso, ancora una volta strumentalmente, si afferma che “sfrattare gli etruschi”, rimuovere dal sito i reperti emersi a Ponteretto, significherà contemporaneamente valorizzare i ritrovamenti e offrire ulteriori, concrete garanzie al mondo del lavoro.
Niente di più falso. In un momento di grave crisi nazionale e mondiale del settore nel quale è coinvolta pesantemente anche la multinazionale Hymer, costruire un gigantesco capannone, che sembra effettivamente sproporzionato rispetto alle previsioni produttive dell'azienda, non potrà dare nessuna certezza ai lavoratori. Si perderà invece l'autenticità di una testimonianza storica, trattando i resti della fattoria etrusca e della villa romana alla stregua di mattoncini Lego, come in questi giorni ha osservato autorevolmente il prof. Settis, commentando la vicenda. Per far questo l'amministrazione investe proprie risorse, fateci capire dov'è l'interesse pubblico dell'operazione.

Vorremmo anche una risposta ai dubbi sollevati sulla correttezza della delibera che la Giunta ha adottato, ove, tra l'altro, non viene dichiarato l’ammontare della spesa pluriennale che si dovrebbe sostenere e neanche a quali capitoli di bilancio viene imputata.

Di tutto ciò avremmo voluto discutere in consiglio comunale; purtroppo abbiamo soltanto assistito al triste spettacolo di un'amministrazione impegnata solamente a costruire un capro espiatorio (l’ambientalismo contrapposto a chi difende il “lavoro”) per scaricare le proprie responsabilità . Noi abbiamo offerto una chiave di lettura diversa della vicenda e come sempre abbiamo coerentemente rappresentato un'altra prospettiva e un'altra proposta politica che vede nella riconversione ecologica dell'economia, nella difesa dei beni comuni e nella tutela del territorio l'unica strada che abbiamo a disposizione per uscire da una crisi economica strutturale e dare risposte serie e concrete,nel tempo, al mondo del lavoro. Ed è così che esprimiamo la nostra solidarietà con i lavoratori Laika.

Ci crediamo e continueremo a sostenere con impegno queste proposte.



San Casciano Val di Pesa, 1 ottobre 2011
 

San Casciano Val di Pesa • Gruppo consiliare Laboratorio per un’Altra San Casciano - Rifondazione Comunisti Italiani