domenica 29 gennaio 2012

Napoli 28 gennaio 2012 Forum dei comuni per i beni comuni

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UN INCONTRO PER LA DIFESA DEI BENI COMUNI, FONDAMENTO IRRINUNCIABILE DEI DIRITTI, MA ANCHE PILASTRO DELLA DEMOCRAZIA PARTECIPATIVA.


BENI COMUNI IN RETE
di Paolo Cacciari

E’ nata la rete dei comuni per i beni comuni. Dal basso e dal sud. E forse non è un caso. Promotori e garanti i sindaci di Napoli, Bari, Cagliari e il presidente della Puglia. Battesimo di folla, sabato scorso, al teatro Politeama, gremito di  amministratori locali, ma soprattutto di associazioni, comitati, gruppi di cittadinanza attiva che in ogni parte di Italia costituiscono quella galassia di movimenti che uno studioso americano (Paul Hawken) ebbe a definire “moltitudine irrequieta”, unico antidoto alla crisi di civiltà che sta attraversando l’emisfero occidentale. De Magistris in conclusione ha voluto nominare i più noti: Forum dell’acqua,  No Tav, No Dal Molin, Chiaiano e anti-inceneritori, No Ponte, Teatro Valle, ma anche donne sempre più discriminate e relegate nel lavoro domestico disconosciuto, operai colpiti nei diritti sindacali alla Fiat e non solo, giovani precari, immigrati.
Bussola puntata sui beni comuni. Una nozione che comincia ad avere un consistente spessore teorico (grazie ai lavori di giuristi della “scuola” di Rodotà) oltre che una facile percezione di massa. Si pensi ai commons movements che in questi giorni sono di nuovo impegnati contro i tentativi dei motori di ricerca di filtrare internet. Beni comuni a vocazione sociale, indispensabili e insostituibili, funzionali all’esercizio dei diritti fondamentali delle persone. Categorie dell’essere (se stessi in connessione con gli altri) e non dell’avere, del possedere, dell’accumulare, del competere. In molti pensano che il nuovo paradigma dei beni comuni possa essere capace di fare riprendere il largo alla flottiglia  delle tante (troppe, secondo alcuni) aggregazioni che fanno riferimento alla sinistra, all’ambientalismo, alla società civile. Molti altri pensano che i beni comuni possano avere la forza di superare gli stereotipi tradizionali di destra e sinistra, perché supera la dicotomia tra pubblico e privato, tra stato e mercato, tra sovranità statuale e proprietà privata (Ugo Mattei l’ha scritto nel suo Beni comuni. Un manifesto, Laterza, 2011). Ci sarà da ragionare (si pensa già ad una “festa dei beni comuni” in primavera a Bari), ma a partire dalle esperienze concrete di riconoscimento di massa dei beni comuni, di vertenzialità “conflittuale e gioiosa” per sottrarli alle logiche perverse del mercato, di gestione alternativa partecipata “non profit”, stabilendo tanto il diritto all’accesso, quanto il dovere civico di prendersi cura di loro.
L’avvenimento di Napoli può essere letto in vari modi. L’inizio di una sacrosanta mobilitazione a difesa dei comuni contro il taglio dei trasferimenti finanziari, un “patto di disubbidienza contro il patto di stabilità” (Realfonzo) e alle norme anti-costituzionali che impongono la dismissione forzata e la privatizzazione obbligatoria dei servizi pubblici locali, anche quelli che non provocano deficit ma creano benessere e coesione nelle comunità locali (Massimo Zedda). Un “patto federativo” tra comuni per far rispettare i risultati del referendum e per lanciare una Carta europea per i beni comuni. L’avvio di laboratori urbani e metropolitani, in tutta Europa (Vendola), comuni tra amministratori e movimenti per sperimentare un nuovo modo di governare più democratico perché più e meglio connesso ai cittadini informati, consapevoli, critici (Paul Ginsbourg). Cominciando a modificare gli statuti comunali per cambiare in profondità i processi decisionali. Il lancio di una proposta politica a tutto campo, un “progetto politico per cambiare non solo i municipi, ma il paese” (De Magistris), liberandolo dall’asfissiante  monopolio della rappresentanza esercitato da partiti sempre più prigionieri dei ricatti dei gestori della grande finanza. Fino ad immaginare già per la prossima scadenza elettorale nazionale del 2013 la creazione di un soggetto politico radicalmente nuovo nelle forme e nelle modalità d’azione. Insomma una  rivoluzione che non ha paura di essere e di dichiararsi tale. Una aggregazione non per sommatoria delle formazioni politiche esistenti  (De Magistris),  libera dalla malattia del leaderismo (Alberto Lucarelli), libera dalla dominazione maschile (Nicoletta Perotta), capace di mobilitare i desideri (Emiliano) e di creare un po’ di entusiasmo, che non va mai male.

giovedì 26 gennaio 2012

Solidarietà agli arrestati e agli incriminati No Tav

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Cremaschi: "Solidarietà agli arrestati e agli incriminati No Tav, tra essi un dirigente della Cgil"

Esprimiamo piena solidarietà agli arrestati e agli incriminati per aver partecipato al movimento No Tav in Valle Susa.

Quello che è stato realizzato è un atto repressivo inaccettabile, che colpisce semplicemente manifestanti di tutti i tipi e di tutte le appartenenze, dai giovani dei centri sociali ai consiglieri comunali, dai pensionati ed invalidi a dirigenti della Cgil, come il compagno Giuseppe Tiano della Filctem di Cosenza, incriminato anch'egli.

Non è così che si affrontano le proteste democratiche e le questioni sociali. Non con la militarizzazione del territorio, nè con la sordità istituzionale, accompagnata dalle misure repressive. Nulla avviene mai a caso, e se questa ondata di arresti significa che di fronte alla crescente protesta sociale del paese per la crisi drammatica che stiamo attraversando, si vuole reagire con misure legge-ordine, bene, questa è una ragione in più per sostenere le lotte e le mobilitazioni e per esprimere solidarietà agli incriminati.

Invitiamo al massimo di partecipazione a tutte le iniziative di solidarietà e di mobilitazione che si svolgeranno nei prossimi giorni, al fianco del popolo della Valle Susa, al fianco degli arrestati.

lunedì 17 ottobre 2011

Pericoli: la terra conserva la storia, va difesa

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Edoardo Semmola  Corriere Fiorentino
Domenica 16 Ottobre, 2011
«Il paesaggio, una catena E Laika spezza un anello»
Pericoli: la terra conserva la storia, va difesa
Li chiama «graffi». Pennellate che graffiano la natura svelandone i segreti. È così che i paesaggi di Pericoli rivelano i pericoli che corre il territorio: «Dentro ogni pezzo di natura c'è un'anima nascosta, il corpo di un poeta che gli dà forma. Il mio compito è raccontare, far intuire e percepire, questa parte segreta: perché sotto ogni superficie esiste una storia, un percorso di vita che ha determinato quella forma. È la storia culturale di una comunità che forma il paesaggio. È una catena, di cui noi siamo un singolo anello che ci ricongiunge a ere passate e che ci rende responsabili degli anelli futuri».
Dalla sua casa di Milano, Tullio Pericoli guarda all'affare Laika-Etruschi con il sereno distacco che riserva ai paesaggi oggetto dei suoi acquerelli che dal 29 ottobre, a cura di Laura Accordi, saranno esposti alla Galleria Babele di Firenze (e, in contemporanea, il Museo Civico Archeologico di Fiesole mostrerà 52 dei suoi «Ritratti»): «Il paesaggio è bello finché rivela la sua storia — spiega — Interventi come questo della Laika sono colpi di mazza diretti contro gli anelli del presente e rischiano di spezzare il percorso futuro della catena. Dobbiamo difendere ciò che sotto la terra è conservato, altrimenti distruggiamo il percorso dell'umanità di cui siamo responsabili pensando agli anelli che verranno».
Milanese d'adozione ma marchigiano di nascita, il 75enne pittore celebre in tutto il mondo rivela una sensibilità per le trasformazioni della terra lunga quanto la sua intera vita: «Affacciandomi dal balcone della casa dove vivevo da ragazzo — racconta — ho visto spuntare un campanile che prima della guerra non vedevo. Mi sono chiesto se avessero allungato il campanile. E invece no, si era "solo" abbassata la collina. Mi sono interessato al fenomeno e ho scoperto che quando l'aratro trainato dai buoi è stato sostituito dal trattore, i solchi nel terreno sono passati da orizzontali a verticali e si è prodotto un arrotondamento e abbassamento del paesaggio. Queste sono trasformazioni lente e nessuno se ne accorge a meno che non vada via e ritorni dopo molti anni. Ma le modifiche brutali delle costruzioni che sfregiano i luoghi, quelle hanno un impatto forte e dilaniante sulle mie emozioni. Anche per questo i miei paesaggi non sono quasi mai abitati dall'uomo o da edifici, ma parlano dell'uomo attraverso i segni e i graffi che vengono dalla mia mano».
Spiega Pericoli che la pittura non ha solo un valore intrinseco, artistico. Ma anche una funzione, diciamo così, «sociale». E a suo modo, rimanendo nella metafora, «rafforza» la catena: «Oscar Wilde diceva che gli inglesi si sono accorti che a Londra c'è la nebbia solo quando l'ha dipinta Whistler. Pensando alla Toscana, sono convinto che la terra senese in particolare sia così amata, così protetta, anche perché è eccezionalmente firmata, molto dipinta. I toscani sono abituati a vedere la propria terra attraverso le opere di grandi come Piero della Francesca, che ci ha affinato gli occhi. Il pittore un paesaggio non lo dipinge e basta ma lo indica, lo fa vedere da un punto di vista diverso attraverso i colori che ne estrae.
Esercitando l'occhio di chi guarda non solo nei riguardi del quadro, ma anche del paesaggio stesso. Quando dipingo, non metto solo i colori sulla tela, è come se li mettessi sul paesaggio stesso perché chi guarda una collina poi filtrerà ciò che vede anche attraverso gli occhi del quadro».
La pittura, dunque, «contribuisce a sviluppare il senso di appartenenza, di proprietà, di protezione. Ciò che conosci ami, ciò che ami sei più portato a ricca di esempi: «Più un paesaggio contiene una storia, più prende la sua forma e ne manifesta la profondità culturale. E i paesaggi toscani hanno una grande quantità di interiorità da esprimere. Più sono elaborati dall'uomo, accarezzati, vissuti, più raccontano di sé».


mercoledì 28 settembre 2011

CHI VUOL SVENDERE I MONUMENTI

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Salvatore Settis con Giorgio Napolitano


Di Salvatore Settis, La Repubblica, 28 settembre 2011

Saldi di fine stagione per paesaggio e patrimonio artistico. Nell´Italia devastata dal berlusconismo e dal secessionismo leghista, impoverite non sono solo le nuove generazioni, condannate alla disoccupazione o al precariato perpetuo. Impoverito è lo Stato, cioè noi tutti, borseggiati da chi governa il Paese svuotando il nostro portafoglio proprietario di cittadini e i valori di una Costituzione fondata sul bene comune. Questa erosione del patrimonio e dei principi della Repubblica ha preso la forma della rapina. Rapina, letteralmente, a mano armata: armata dei poteri residui dello Stato, cinicamente usati per smontare lo Stato e spartirsi il bottino.

Nel grande (e irrealizzato) progetto che si incarnò nella Costituzione del 1948, l´idea di un´Italia giusta, libera e democratica s´impernia sulla condivisione di beni comuni, intesi come proprietà di tutti i cittadini e garanzia di attuabilità del disegno costituzionale. Tali sono prima di tutto i beni del Demanio, elemento costitutivo di uno Stato sovrano; tali sono i beni pubblici indirizzati a scopo di utilità sociale (per esempio per scuole, ospedali, musei); tale è l´ambiente e il paesaggio, scenario della nostra vita individuale e sociale e strumento di salute fisica e mentale (o di patologie); tale è il patrimonio artistico come memoria storica.

Di qui l´articolo 9 della Costituzione, secondo cui «la Repubblica tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione», e deve farlo in modo identico dalle Alpi alla Sicilia. Essenziale alla legalità repubblicana, questo principio si lega ai «doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale» (art. 2), al «pieno sviluppo della personalità umana» (art. 3), alla tutela della salute «come fondamentale diritto dell´individuo e interesse della collettività» (art. 32). Il bene comune non comprime, ma limita i diritti di privati e imprese: alla proprietà privata deve essere «assicurata la funzione sociale» (art. 42), la libertà d´impresa «non può svolgersi in contrasto con l´utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana» (art. 41). Contro questa architettura di valori è in atto un feroce attacco. Smontando l´art. 41 si vuole una libertà d´impresa senza limiti: e dunque anche in contrasto con l´utilità sociale, anche se calpesta sicurezza, libertà, dignità umana. L´indegna farsa del "federalismo demaniale" già devasta l´orizzonte dei beni comuni.

Un esempio, Agrigento. Atto I: il 4 agosto la Regione Sicilia annuncia che lo Stato ha ceduto alla Regione la Valle dei Templi, che diviene «patrimonio dei siciliani». Atto II: il 31 agosto il sindaco mette all´asta la Valle dei Templi, con l´idea di «cederla ai privati, affittarla a grandi multinazionali, a griffe internazionali». Ma di chi erano i templi di Agrigento prima della "legittima restituzione ai siciliani"? Erano di tutti gli italiani, dai siciliani ai veneti; come le Dolomiti (ufficialmente valutate 866.294 euro) erano proprietà dei veneti, ma anche dei siciliani. Lo spezzatino dei beni pubblici, ridistribuiti su base regionale o comunale per favorire il secessionismo leghista, svuota il portafoglio proprietario degli italiani, ci rende tutti più poveri.

Massimo simbolo della cultura italiana della tutela è l´ordine del Real Patrimonio di Sicilia del 21 agosto 1745, che simultaneamente impose la conservazione delle antichità di Taormina e dei boschi del Carpinetto ai piedi dell´Etna: prima norma al mondo in cui la tutela del paesaggio e quella del patrimonio artistico sono tutt´uno, secondo una linea che giungerà fino alla Costituzione. Eppure la Regione «intende privatizzare, per far cassa, il patrimonio boschivo e forestale siciliano» (La Sicilia, 23 agosto). In questa generale devastazione, il depotenziamento delle Soprintendenze mediante il blocco delle assunzioni e il taglio dei fondi (ne ha scritto su queste pagine, l´8 settembre, Francesco Erbani) colpisce la tutela alla radice.

Ma che cosa c´è da aspettarsi da un Ministero che ormai espressamente invita non a proteggere il paesaggio, ma a genuflettersi davanti alle imprese? Lo dice chiaro e tondo un documento del 13 ottobre 2010, che in materia di autorizzazione paesaggistica invita sfacciatamente i soprintendenti a «pervenire ad espressioni di pareri la cui formulazione si configura come una prescrizione di buone maniere», evitando come la peste «pareri che siano in contrapposizione alle proposte progettuali».

Esempio estremo di questa deriva (auto)distruttiva è, nella Toscana un tempo "rossa", la vicenda di uno scavo archeologico a San Casciano in Val di Pesa. Importanti resti di edifici ad uso abitativo e agrario di età etrusca e romana, ancora inediti, sono emersi durante i lavori per l´estensione di uno stabilimento della multinazionale Laika Caravans. Fino a pochi anni fa una scoperta come questa avrebbe comportato la salvaguardia dei reperti in situ, e obbligato la ditta a spostare altrove i suoi capannoni. Ma il Comune (governato da una giunta di "sinistra") ha adottato la cultura delle "buone maniere", cioè della resa alle imprese, e ha stretto con Laika un accordo per sfrattare l´archeologia in favore dei capannoni, smontando fattoria etrusca e villa romana per spostarle in un "parco archeologico" fasullo che i comitati locali hanno subito battezzato "archeopatacca".

Il modello è chiaro:
si applica all´area archeologica lo scambio di volumetrie già previsto da perfidi codicilli del recente decreto sviluppo, il principio di «libera cubatura in libero Stato», secondo il quale ogni terreno, anche inedificabile, è per sua natura dotato di una "capacità edificatoria" virtuale che può formare oggetto di diritti, essere venduta o scambiata con nuove edificazioni. Così, ha commentato Il Sole (24 agosto), «in nome della giustizia economica, sui terreni agricoli piomberanno d´incanto milioni di euro di nuove cubature». Anche sui terreni archeologici, a quel che pare: basta rimontare i ruderi altrove, come assemblando mattoncini Lego.

Alla cultura della tutela si sostituisce il più volgare mercatismo parassitario, e sfrattare gli Etruschi diventa una virtù. Interessante principio: che anche i Templi di Agrigento, finalmente "restituiti ai siciliani" a cui gli italiani li avevano rubati, possano essere smontati e trasferiti da una multinazionale, regalando ai "legittimi proprietari" qualche scampolo di "capacità edificatoria"?


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mercoledì 13 luglio 2011

La vittoria dei referendum e i nostri beni comuni

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Che cosa lega un’oliveta alla Romola e l’inceneritore del Chianti ai referendum? Il 12 e 13 giugno in Italia e a San Casciano la partecipazione popolare e il voto per il SI hanno fatto vincere la difesa dei beni comuni e dei diritti collettivi: oltre il 69% degli elettori sancascianesi hanno detto no alla privatizzazione dell’acqua, hanno chiesto il diritto alla salute e alla sicurezza (contro la scelta nucleare) e hanno proclamato la uguaglianza dinanzi alla legge come valore non negoziabile.
Il dato è tanto più significativo se pensiamo al fatto che la raccolta delle firme e la campagna referendaria hanno visto la quasi totale assenza dei grandi partiti, con il PDL che per non risultare sconfitto ha lasciato “libertà di coscienza” e con il PD che si è ricordato strumentalmente del voto solo poche settimane prima e si è pronunciato per il Si scansando una seria discussione interna con il settore filonucleare e con i propri amministratori pubblici delle partecipate (che a livello locale hanno fatto pubblicamente campagna per il NO a partire proprio dal presidente di Publiacqua).
Noi pensiamo che questo voto rappresenti una sconfitta per quella cultura liberista e della deregulation che ha trovato in Italia incarnazione a livello nazionale nel cosiddetto “berlusconismo”, ma che a livello sia locale sia nazionale ha però contagiato anche il centro-sinistra: la svendita dei BENI COMUNI, la privatizzazione del servizio idrico, la distruzione del paesaggio per fare cassa con la cementificazione, sono purtroppo pratiche comuni e diffuse dell’attuale maggioranza che anche a San Casciano abbiamo tentato di contrastare.
Il voto dei cittadini, e di larga parte dell’elettorato di centro sinistra, dovrebbe portare ad una riflessione profonda e ad una rimessa in discussione di tali pratiche se davvero i partiti vogliono recuperare un rapporto con un elettorato sempre più deluso e scollato dalle scelte delle segreterie e degli apparati.
Ricordiamo la scelta scellerata, sottoscritta anche dall'Amministrazione di San Casciano, di far entrare in PUBLIACQUA la multinazionale SUEZ (attraverso ACEA di Roma), che ha di fatto privatizzato il nostro gestore dell’acqua pubblica. Noi proveremo oggi a rimettere in discussione questa scelta, forti del voto referendario, e chiederemo anche che non sia più caricato in bolletta quell’utile garantito del 7% sconfitto dal referendum. Purtroppo quel che vediamo è l'opposto delle aspirazioni collettive: si persevera in una logica di PRIVATIZZAZIONE dei beni comuni e non si considera prioritario il diritto alla salute e all'ambiente. Sconcerta che a pochi giorni dal voto, il sindaco Pescini abbia ribadito in una intervista la sua scelta ultra ideologica a favore dell’inceneritore del Chianti contro l’evidenza dei dati scientifici (sulla insalubrità di tali fabbriche di tumori) ed abbia  schierato la sua maggioranza contro i cittadini della Romola che, con una osservazione ben argomentata, hanno tentato di impedire la svendita di un terreno donato da privati alla amministrazione comunale con il vincolo di farne un giardino pubblico. Quella oliveta tra via della Liberazione e via Treggiaia verrà sbancata, gli olivi scompariranno insieme probabilmente al bel muro a retta in pietra per fare dei parcheggi e su quei terreni si realizzeranno tre villette con giardinetto privato (“inserite nel paesaggio” che hanno distrutto). Si fa cassa svendendo beni di tutti, distruggendo il paesaggio, sottraendo alla comunità locale spazi pubblici e bellezza.
L’opposto di quel che hanno chiesto trasversalmente agli schieramenti politici milioni di elettori, e che potrebbe stare a fondamento di una alternativa vittoriosa al liberalismo catastrofico che ci ha regalato l’attuale crisi mondiale.

sabato 25 giugno 2011

Il governo del comune

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Un interessante articolo di Ugo Mattei pubblicato sul Manifesto che ci introduce ad un possibile nuovo modo di gestire i beni comuni.

leggi l'articolo "Il governo del comune" di Ugo Mattei (Il Manifesto)

sabato 16 aprile 2011

Meglio spendere per l'acqua che per le armi

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Sabato 9 aprile l'Unità ha ospitato un intervento di Luca Martinelli di Altreconomia a nome del Comitato referendario "2 sì per l'acqua bene comune". L'articolo risponde a due articoli di Erasmo D'Angelis, presidente di Publiacqua (in allegato), e Alfredo Di Girolamo, di Cispel-Confservizi Toscana, pubblicati dal quotidiano diretto da Concita De Gregorio nei giorni precedenti.

Con la lettera aperta di Erasmo D'Angelis e l'intervento di Alfredo Di Girolamo, pubblicate nelle ultime settimane, le pagine de l'Unità hanno ospitato critiche diffuse ai due quesiti referendari contro la privatizzazione dell'acqua. Per non ingenerare confusione negli elettori, chiamati a votare il 12 e 13 giugno, riteniamo doveroso replicare ad alcune affermazioni. Di Girolamo, intanto, mette in bocca ai referendari parole che non sono nostre. Nessuno si sogna di “ripubblicizzare” il servizio idrico integrato con l'“abolizione” dell'articolo 23 bis (del dl 112 del 2008). Il referendum, è, per sua natura, abrogativo, e perciò non può produrre diritto positivo. Ciò che contestiamo, è che l'articolo 23 bis (come modificato dalla legge Ronchi, la numero 166 del 2009) impone, sostanzialmente, di affidare la gestione del servizio tramite il meccanismo della gara. Tanto Di Girolamo, quanto D'Angelis, dovrebbero avere ben presente il provvedimento numero 17623 con cui l'Antitrust ha multato (nel 2007) le imprese Acea e Suez, per un accordo di cartello che ha viziato le gare per il servizio che si sono svolte in Toscana, comprese quella che ha portato a scegliere il socio privato della società oggi presieduta da D'Angelis. Purtroppo, nemmeno una sentenza dell'Antitrust ha il potere di sciogliere affidamenti che derivano da gare palesemente falsate. Ed è questo il motivo per cui, intanto, con il primo quesito referendario ci poniamo l'obiettivo di non vedere, in tutto il Paese, svolgersi gare secondo il “modello toscano”, che prevede un unico concorrente e il risultato scontato. Un successo referendario potrebbe invece servire a calendarizzare in Parlamento la legge d'iniziativa popolare del 2007 sottoscritta da 406mila cittadini, il cui testo parla invece di “ripubblicizzazione”. 
Il nodo centrale è però il secondo quesito referendario. Quello che fa riferimento al “tasso di remunerazione del capitale investito”. Il problema, però, non è lo spettro degli utili, dei profitti sull'acqua. Ciò che spaventa Di Girolamo è che, spiegando questo quesito, possiamo finalmente informare i cittadini che, in base alla dottrina tariffaria basata sul full recovery cost, dalla legge Galli (16/94) in avanti pagano di tasca propria (non con le tasse, ma in bolletta) gli investimenti sulla rete e anche gli interessi sui mutui aperti dalle società che gestiscono gli acquedotti. Il secondo quesito è quello che ci permette di tornare a parlare, in relazione al servizio idrico integrato (ma anche agli altri servizi pubblici locali) di fiscalità generale e di finanza pubblica. Cosa sono, in fondo, 2 miliardi di euro all'anno d'investimenti a fronte di un bilancio dello Stato che sfiora gli 800? Lo Stato dovrebbe garantire a tutti i cittadini depurazione e fognature (oggi tocca solo ai tre quarti degli italiani) o i cacciabombardieri F35 (il conto, 18 miliardi di euro, è a carico dei contribuenti)? È una questione di investimenti, certo, ma anche di priorità. Noi le nostre le abbiamo scelte.

martedì 29 marzo 2011

Acqua, ecco come con i privati salgono i prezzi

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di Salvatore Cannavò

Il corteo del “popolo dell’acqua” ha aperto la campagna referendaria che porterà al voto del 12 e il 13 giugno. Quel referendum è stato garantito da oltre un milione e quattrocentomila firme che hanno passato il vaglio della Corte di cassazione e della Corte costituzionale (un analogo referendum presentato dall’Idv è stato invece bocciato). Spiega al Fatto Quotidiano Marco Bersani, uno dei promotori del referendum: “Questa è una battaglia dei cittadini contro i poteri forti”.
Da quando l’acqua è stata messa a disposizione di società per azioni, siano esse private, pubbliche o miste privato-pubblico, il suo scopo è diventato, naturalmente, quello di produrre degli utili e di creare dividendi per gli azionisti. “Ma gli effetti di questa logica – spiega Bersani – sono tutti socialmente dannosi”. Perché gli utili derivano da “aumento delle tariffe, riduzione del costo del lavoro, riduzione della qualità del servizio, aumento dei consumi di acqua”. Secondo i dati del Co.n.vi.ri., il Comitato ministeriale di Vigilanza sulle Risorse idriche e del centro Civicum di Mediobanca, negli ultimi dieci anni le tariffe sono aumentate del 68 per cento mentre l’inflazione solo del 21. Da quando esistono le Spa, l’occupazione del settore si è ridotta del 15-20 per cento con un’impennata della precarizzazione. “Si potrebbe sostenere Bersani – che si sia trattato di una riduzione dei privilegi delle aziende pubbliche, ma in questo caso il fenomeno si sarebbe dovuto limitare ai primi anni di privatizzazione. Invece non accenna a fermarsi”. 
Dicono i fautori delle privatizzazioni: lo Stato non ha un soldo, la rete idrica italiana è allo stremo, i privati portano soldi, investimenti, servizi migliori. Ai promotori del referendum, infatti, viene contestato in particolare il secondo quesito, quello che abroga la norma secondo la quale le tariffe vengono integrate per remunerare in forma adeguata il capitale investito. Insomma, profitti sicuri garantiti dalle bollette dei cittadini. Bersani prende ancora i dati del Co.n.vi.ri.: “Nel decennio precedente alla legge Galli, dal 1986 al 1995, gli investimenti erano 2 miliardi di euro l’anno. In quello successivo sono crollati a 700 milioni”. Il movimento referendario ha una linea sul finanziamento degli investimenti idrici: “Per ammodernare la rete servono 40 miliardi in venti anni, 2 miliardi all’anno”. Almeno 1 miliardo potrebbe essere recuperato dalla riduzione delle spese militari, poi c’è l’ipotesi del “prestito irredimibile”, una somma versata dai cittadini allo Stato in cambio di un interesse del 6,5 per cento per un numero di anni da definire.
L’Italia è tra i paesi che consumano più acqua, che utilizzano moltissima acqua minerale in cui “esiste una tendenza culturale al consumo dell’acqua e quindi se non si fanno campagne mirate non si producono risparmi”. Da quando esistono le Spa sono aumentati tra il 17 e il 20 per cento all’anno e la tendenza resta di crescita. 
Ma allora sono meglio i “carrozzoni pubblici”, le Acea controllate da giunte come quella di Alemanno che si è distinta per la parentopoli all’Ama o all’Atac? “In realtà, risponde Bersani, indipendentemente dal capitale pubblico, chi controlla e gestisce un’azienda idrica sono i privati che compongono il Cda al di là delle loro quote azionarie. Chi ha deciso gli investimenti dell’Acea in Armenia, Albania, Perù, Santo Do-mingo, Honduras? I cittadini romani non ne sanno nulla”. E quindi il problema è anche quello di migliorare la democrazia, controllare le decisioni, passare da organismi nominati a organismi democraticamente eletti. 
Per cercare di far crescere l’attenzione il movimento referendario sta per lanciare la campagna delle “Bandiere dell’acqua appese ai balconi” (un lenzuolo azzurro con il simbolo dei 2 Sì), un modo per far crescere il passaparola. Si sono poi inventati una sottoscrizione originale: se il quorum sarà raggiunto il Comitato beneficerà del rimborso elettorale e quindi i cittadini che avranno sottoscritto si vedranno restituire i soldi.

Il Fatto Quotidiano, 27 marzo 2011

lunedì 28 marzo 2011

Bilancio di previsione 2011 e triennale 2011-2013 Comune San Casciano Val di Pesa: le motivazioni del nostro voto contrario

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Le Amministrazioni locali sono in grande difficoltà finanziaria per i tagli alle risorse decisi dal governo nazionale. Proprio per questo sarebbe stato necessario un ripensamento sulle scelte politiche complessive e sugli strumenti di attuazione che si scelgono. Questo stanno facendo numerosi comuni virtuosi che hanno messo al centro della loro azione amministrativa  la difesa del territorio e dei beni comuni, quali patrimonio della collettività, garantendo la partecipazione attiva e non consuntiva dei cittadini alle  scelte, anche difficili, da operare nella gestione delle risorse.
Non vediamo questa impostazione di fondo nel bilancio di previsione del Comune di San Casciano.
Nelle entrate la voce “permessi di costruzione” è molto alta (anche se in flessione per la generale crisi dell'edilizia) e incide per il 65% sulla spesa corrente. Il dato è preoccupante ed è evidente,         tanto più in questo momento di grave crisi, quanto pesi negativamente questa consolidata scelta politica delle Amministrazioni locali di reperire risorse contando sulla cementificazione del territorio: si è instaurato da tempo un meccanismo perverso per cui si considera “normale” finanziare i servizi tramite l'uso e l'abuso del consumo di suolo.
L'altro dato assolutamente negativo è la scelta di alienare parte del patrimonio pubblico per garantire, si dice, il pareggio di bilancio. Abbiamo allora l'alienazione di un terreno a La Romola e della ex scuola di Chiesanuova. Nel 2012-2013 sono previste l'alienazione di un altro terreno a Cerbaia e di parte  del cantiere comunale. Sono scelte sbagliate e miopi: l'anno prossimo, che pare di capire non sarà certo migliore, cosa si inventeranno? Sulle potenzialità edificatorie e l'alienazione del patrimonio si gioca una partita decisiva per la gestione del territorio. Continuiamo a sostenere che occorre svincolare il futuro del territorio dalle esigenze di bilancio, pensare cos'è giusto tutelare, puntare a fermare il consumo di suolo che non può essere più utilizzato come “moneta corrente” per i bilanci comunali. Invece si vendono terreni e immobili, cambiando la destinazione d'uso (da agricolo a edificabile, da destinazione pubblica a residenziale) così avremo ancora tanti bei appartamenti e varianti urbanistiche: così si tutela davvero la collettività?
Fermare il consumo di suolo non vuol dire fermare l'economia. Se il soggetto pubblico indirizza l'urbanistica verso il recupero, il mercato si adegua. Ma ancora il Comune di San Casciano non ha approvato il Regolamento Urbanistico: si va avanti con varianti al Piano Regolatore. Ma, ad esempio, sappiamo quanti sono gli immobili inutilizzati nel nostro comune? Ovviamente no, non è stata fatta alcuna ricognizione; in ogni caso si prevede con il prossimo RU una “limitata espansione edilizia” che ancora non si riesce a tradurre in dato concreto, a cui dovremo aggiungere tutto ciò che rimane da edificare secondo il PRG: presumibilmente non sarà poco, intanto comunque continuiamo con le varianti...
L'altro grande capitolo di dissenso profondo non lo troviamo nel bilancio di previsione, per il semplice motivo che la gestione di servizi essenziali per i cittadini come acqua e rifiuti non sono più gestiti dall'Amministrazione. Si parla di servizi locali che vengono gestiti da tempo attraverso società per azioni, pubbliche o miste. Negli anni le SPA hanno sottratto beni comuni, soldi e democrazia ai cittadini e ai territori. Su questo tema occorre aprire un capitolo nuovo: questi sono beni comuni che devono tornare nella piena disponibilità, gestione e controllo delle comunità locali. Per una questione di democrazia e di trasparenza. Le Spa non possono rappresentare il futuro per i servizi di pubblica utilità. Sono imprese di diritto privato e come tali perseguono l'obiettivo, legittimo, del profitto, che viene assicurato tramite le tariffe, cioè le tasche dei cittadini.
20 e più anni di aziendalizzazione, privatizzazione e false liberalizzazioni hanno dimostrato che le promesse di efficienza e risparmio non sono state mantenute: peggiore qualità dei servizi, aumento della precarizzazione del lavoro e aumento consistente delle tariffe. I consigli comunali svolgono un ruolo di “ratificatori” di bilanci societari, cambi azionari, dismissioni, perdono il ruolo di indirizzo politico e di tutela dell'equità sociale. Non si rappresentano così gli interessi collettivi.
Possiamo parlare di Publiacqua, privatizzata al 40% (Acea e Suez). Gli effetti della privatizzazione sono  evidenti: anche se formalmente la maggioranza azionaria rimane in mano al “pubblico”, non sfugge a nessuno che la gestione vera, e dunque il controllo societario e le scelte industriali, sono espressione diretta degli interessi del socio industriale, non delle amministrazioni pubbliche.
Con Publiacqua privatizzata abbiamo raggiunto il primato di avere l'acqua più cara d'Italia, negli anni 2008-2010 abbiamo avuto aumenti del 40%. Nel 2011 abbiamo aumenti della quota fissa di oltre il 6% e aumenti ben più  consistenti nella parte variabile, e sono certi aumenti nei prossimi anni. Che dire poi della storia incredibile dell'aumento della cauzione (vera e propria gabella) imposta da Publiacqua... Chi difende i diritti dei cittadini? Forse i sindaci in quanto controllori tramite gli organismi degli Ato? Forse i rappresentanti dei soci pubblici nel soggetto gestore? Le domande sono retoriche... Così come è intollerabile che Publiacqua spa, all'insaputa dell'Ato3, quindi dei sindaci e dei consigli comunali, stia procedendo a cessioni di rami d'azienda, costituzione di aziende di scopo, in probabile, se non certa violazione degli atti di concessione, legislazione di settore, diritti dei lavoratori: emblematico il caso di “Ingegnerie Toscane”.
Possiamo anche parlare di Safi Quadrifoglio Spa e quindi di gestione dei rifiuti. Abbiamo una fusione societaria che è solo il primo passo verso concentrazioni maggiori, in previsione della privatizzazione della società almeno al 40%. Abbiamo criticato questa fusione, penalizzante per i comuni del Chianti, finalizzata essenzialmente alla costruzione e gestione degli  inceneritori previsti, per il Chianti ovviamente l' inceneritore di Testi. Intanto insieme al bilancio di previsione comunale è stato approvato il piano finanziario di Safi Spa per il 2011 che  comporterà un aumento medio della tariffa del 7%: un piano finanziario che non indica una pianificazione di area della raccolta differenziata “porta a porta” che quindi rimane un servizio
sperimentale, senza investimenti e strumenti specifici di attuazione; che non utilizza l'impianto di compostaggio di Ponterotto che continua a rimanere chiuso e inutilizzato. Non pare proprio che le politiche che noi abbiamo sempre indicato come prioritarie -riduzione dei rifiuti, riuso e riciclo dei materiali- siano all'ordine del giorno del gestore! Si continuano ad utilizzare le discariche e l'unico obiettivo vero delle spa che gestiscono i rifiuti è la realizzazione degli inceneritori, impianti dannosi e diseconomici. Non vediamo l'interesse pubblico in queste scelte!
Il gruppo consiliare Laboratorio per un'altra San Casciano-Rifondazione Comunista è in Consiglio Comunale per rappresentare obiettivi e scelte diverse.
Il concetto di “benessere” andrebbe ridefinito da ciascuno di noi e le istituzioni dovranno sempre più misurarsi con questo tema cruciale. Francesco Gesualdi nel suo saggio “L'altra via, dalla crescita al benvivere, programma per un'economia della sazietà” ben ci spiega la necessità di riformulare il nostro sistema economico, per un'economia che tuteli i diritti e i beni comuni, quindi il ruolo prioritario che le Amministrazioni locali potrebbero avere in questo processo di cambiamento.
Il PIL cresce molto se facciamo una colata di cemento in un campo agricolo o se privatizziamo un servizio in più. Invece il PIL si muove appena se quello stesso campo è coltivato a ortaggi da pensionati per un gruppo di acquisto solidale o se viene garantita la fornitura dell'acqua anche a chi è moroso per necessità, venendo meno alla logica del profitto della Spa di turno. Qui sta la differenza fondamentale. 
Noi cerchiamo di rappresentare gli interessi della collettività, avendo come obiettivo la salvaguardia del territorio, bene comune per eccellenza, dei diritti inalienabili e della equità sociale che possono e potranno essere garantiti solo se saremo capaci di operare un profondo cambiamento nella gestione della cosa pubblica e se in generale si riuscirà a prospettare un progetto di società che sappia garantire a tutti il soddisfacimento dei bisogni fondamentali nel rispetto della capacità di tenuta del pianeta, dei suoi equilibri naturali, dei suoi tempi di rinnovamento, rivedendo in profondità non solo come produrre, ma anche cosa e quanto produrre. Stiamo cercando di dare un piccolo contributo  proprio in questo senso, quindi esprimiamo un voto contrario al bilancio di previsione e alle scelte complessive che l'Amministrazione sta portando avanti sui servizi di pubblica utilità.

lunedì 20 dicembre 2010

PRESIDIO DELLE RETI DI MOVIMENTO TOSCANE A DIFESA DEI BENI COMUNI

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MARTEDI’ 21 DICEMBRE 2010
ore 14,30 – 20,00
FIRENZE – in Via Cavour 6
(Sede del Consiglio Regionale della Toscana)

PRESIDIO DELLE RETI DI MOVIMENTO TOSCANE A DIFESA DEI BENI COMUNI

in occasione
SEDUTA DEL CONSIGLIO REGIONALE DELLA TOSCANA

PER DIRE STOP - FERMATEVI

Soppressione degli ATO, istituzione dei Commissari regionali (acqua e rifiuti)

Basta attacchi ai Beni e ai luoghi Comuni . Alla privatizzazione della politica

BASTA RELEGARE A RUOLO DI STERILI SPETTATORI
Le Assemblee Elettive, i Sindaci, i Cittadini e i Comitati di Cittadinanza

AI CONSIGLIERI DELLA REGIONE TOSCANA, ALLA GIUNTA E AL PRESIDENTE DICIAMO:
SOTTRAETEVI DALL’ABBRACCIO DEI PREDONI DELL’ACQUA,
DALLA LOBBY DEGLI INCENERITORI, DEL SISTEMA INTEGRATO DI GESTIONE DEI IFIUTI E DELLE GRANDI OPERE INUTILI (multinazionali, banche, potentati finanziari)
E SCHIERATEVI A DIFESA DEI BENI E DEI LUOGHI COMUNI E A SALVAGUARDIA DELLA NOSTRA SALUTE

PROMUOVONO IL PRESIDIO:

Firmatari aggior. al 19/12/2010: Forum Toscano dei Movimenti per l’Acqua, Comitati toscani contro
l’incenerimento dei rifiuti, Italia Nostra Toscana, Forum Ambientalista Toscano, Rete dei Comitati per la difesa del territorio, Comitato contro il sottoattraversamento TAV Firenze, Centro Nuovo Modello di
Sviluppo, Medicina Democratica Nazionale, PerUnaltracittà-Lista di Cittadinanza, Ambiente e Salute –
Cittadinanza Attiva Toscana, Comitato Provinciale Siena Referendum Acqua Pubblica, Attac Chianti-
Valdelsa
 
Per approfondire vai al sito http://www.acquabenecomunetoscana.it/
 

San Casciano Val di Pesa • Gruppo consiliare Laboratorio per un’Altra San Casciano - Rifondazione Comunisti Italiani