lunedì 24 ottobre 2011

San Casciano "Ancora cemento e nuovo consumo di suolo". Carlesi contro il regolamento urbanistico

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Il Nuovo Corriere di Firenze, 23 ottobre 2011

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domenica 23 ottobre 2011

Marson fra le ombre etrusche. L'assessore: "Attaccano me, ma qual è il veo obiettivo?"

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Corriere Fiorentino, 22 ottobre 2011


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giovedì 20 ottobre 2011

Caso Laika: tre donne contro lo “sviluppismo” della classe dirigente toscana

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Il caso della ristrutturazione industriale dello stabilimento Laika di San Casciano, in provincia di Firenze, ha reso evidente come la classe dirigente toscana tutta (partiti, amministratori, industriali e sindacati, con il supporto di molta stampa) sia ormai avariata, incapace di fare i conti con la modernità, incredibilmente masochista nel non vedere le opportunità offerte dal superamento di una cultura sviluppista che tanti danni ha fatto nel secolo scorso e che ancora oggi vive e vegeta grazie a pallide caricature di Agnelli, Togliatti e Di Vittorio.

In questa pagina riportiamo le parole di tre donne: Lucia Carlesi, consigliera comunale a San Casciano e protagonista della vicenda; Anna Marson, assessore regionale all’urbanistica e al territorio; Ornella De Zordo, consigliera comunale a Firenze. Tutte e tre hanno un ruolo all’interno delle istituzioni e tutte e tre animano un dibattito culturale ineludibile, che, se svolto compiutamente, potrà offrire alla nostra regione, e non solo, una prospettiva futura in grado di rimettere al centro la persona e l’ecosistema in cui essa vive. A scapito, una volta tanto, del profitto e della rendita di pochi che, è il caso della Laika di San Casciano, trova, il sostegno – incredibile, se non fosse figlio del ricatto occupazionale – di chi raccoglie le briciole sotto al tavolo. (R.C.)


UNA VITTORIA DI PIRRO

di Lucia Carlesi
http://laboratorioperunaltrasancasciano.blogspot.com/


Quando la demagogia prevale sul confronto e sul rispetto, perde la democrazia. È quanto è successo durante la seduta del consiglio comunale di San Casciano del 29 settembre quando, tutti insieme, partiti di sinistra (ma questa definizione è ancora possibile?), di destra e lista civica, appoggiati dai dipendenti Laika giunti in gran numero, hanno “processato” il nostro gruppo Laboratorio per un’Altra San Casciano-Rifondazione Comunista che ha presentato un ordine del giorno per opporsi alla decisione presa dall’Amministrazione di rimuovere i reperti archeologici di Ponterotto. Facile intuire l’esito della discussione, viste le forze in campo. Ma siamo sicuri che non sia la vittoria di Pirro?

Ha prevalso la demagogia, appunto. Le nostre motivazioni di contrarietà al progetto sono state chiare e argomentate, dobbiamo constatare che ieri nell’aula consiliare nessuno ha saputo o voluto dare risposte concrete alle nostre obiezioni.

Noi abbiamo parlato di difesa dei beni comuni: l’ambiente, il paesaggio, il patrimonio storico di una collettività si tutelano quando non si mettono in conflitto con la dignità del lavoro e i diritti dei lavoratori, quando si ha la capacità politica di gestire i processi economici e le dinamiche sociali di un territorio. Su questi temi non prendiamo lezioni da nessuno. Sul banco degli imputati mettiamo questa amministrazione che in dieci anni non ha saputo offrire una risposta concreta alle richieste sacrosante dei lavoratori. Nessuno può essere così ingenuo da credere che, se ancora non è stata posata la fatidica prima pietra del nuovo stabilimento, la colpa sia di “quattro ambientalisti”.

La nuova Laika sarebbe realizzata da tempo se fin da subito fosse stata scelta una localizzazione idonea. In realtà, cedendo al ricatto occupazionale, l’amministrazione ha intrapreso una faraginosa e complessa procedura urbanistica grazie alla quale l’impresa ha ottenuto la possibilità di costruire su terreni agricoli a Ponterotto: un’operazione di rendita immobiliare che, abbiamo sempre sostenuto, ci pare abbia avuto poco a che fare né con la presunta urgenza imprenditoriale, né con la salvaguardia dei posti di lavoro. Non ha insegnato niente la fallimentare esperienza Stianti a San Casciano? O lo stabilimento Laika a Sambuca ottenuto anche in quell’occasione con variante urbanistica ad hoc e mai utilizzato? Non è seguendo gli “appetiti” industriali che si tutelano i lavoratori, si può però fare demagogia e farlo credere.

Adesso, ancora una volta strumentalmente, si afferma che “sfrattare gli etruschi”, rimuovere dal sito i reperti emersi a Ponteretto, significherà contemporaneamente valorizzare i ritrovamenti e offrire ulteriori, concrete garanzie al mondo del lavoro.
Niente di più falso. In un momento di grave crisi nazionale e mondiale del settore nel quale è coinvolta pesantemente anche la multinazionale Hymer, costruire un gigantesco capannone, che sembra effettivamente sproporzionato rispetto alle previsioni produttive dell’azienda, non potrà dare nessuna certezza ai lavoratori. Si perderà invece l’autenticità di una testimonianza storica, trattando i resti della fattoria etrusca e della villa romana alla stregua di mattoncini Lego, come in questi giorni ha osservato autorevolmente il prof. Settis, commentando la vicenda. Per far questo l’amministrazione investe proprie risorse, fateci capire dov’è l’interesse pubblico dell’operazione.

Vorremmo anche una risposta ai dubbi sollevati sulla correttezza della delibera che la Giunta ha adottato, ove, tra l’altro, non viene dichiarato l’ammontare della spesa pluriennale che si dovrebbe sostenere e neanche a quali capitoli di bilancio viene imputata.

Di tutto ciò avremmo voluto discutere in consiglio comunale; purtroppo abbiamo soltanto assistito al triste spettacolo di un’amministrazione impegnata solamente a costruire un capro espiatorio (l’ambientalismo contrapposto a chi difende il “lavoro”) per scaricare le proprie responsabilità. Noi abbiamo offerto una chiave di lettura diversa della vicenda e come sempre abbiamo coerentemente rappresentato un’altra prospettiva e un’altra proposta politica che vede nella riconversione ecologica dell’economia, nella difesa dei beni comuni e nella tutela del territorio l’unica strada che abbiamo a disposizione per uscire da una crisi economica strutturale e dare risposte serie e concrete,nel tempo, al mondo del lavoro. Ed è così che esprimiamo la nostra solidarietà con i lavoratori Laika.

Ci crediamo e continueremo a sostenere con impegno queste proposte.

***

SI RIDICOLIZZA PER NON ENTRARE NEL MERITO DELLA QUESTIONE

di Anna Marson
http://www.regione.toscana.it/annamarson/index.html

Nelle ultime settimane, a partire dalla tribuna dell’assemblea regionale di Confindustria, e successivamente dalle pagine di molti giornali toscani, è stato più volte utilizzato lo slogan dell’«ambientalismo in cachemire che blocca lo sviluppo». Lo slogan è curioso, e farebbe quasi sorridere, oggi che il cachemire si vende anche all’Ipercoop e nel mercato dell’usato: dunque la cittadinanza attiva sulle questioni ambientali, che è piuttosto ampia e trasversale rispetto alle classi di reddito, veste comunque in cachemire.

In realtà non si può affatto sorriderne, perché esso sembra sottendere da parte di chi lo usa, oltre all’offesa o alla ridicolizzazione pubblica quale strumento per evitare di entrare nel merito delle questioni poste, l’equazione fra ambientalisti e percettori di rendite. Fra questi ultimi vi sarebbero anche i professori universitari, il cui stipendio in realtà dagli anni Cinquanta a oggi si è ridotto in termini reali svariate volte, scivolando ai minimi della dirigenza pubblica (per tacere di quella privata). Soggetti dunque cui negare il diritto di parola rispetto a progetti che promettono (nelle dichiarazioni di chi li propone) di produrre reddito.

L’esperienza maturata in questi anni evidenzia invece come siano proprio gli attori sociali, spesso fortemente compositi, che si attivano in prima persona per difendere la qualità dei luoghi in cui vivono, a mettere in questione le diverse rendite, troppo spesso rese possibili da accordi pubblico-privato e sinistra-destra che non mettono nel conto i costi collettivi di medio e lungo periodo, ma solo i ritorni elettorali e di altro genere (come molte indagini giudiziarie evidenziano), socializzando le perdite e privatizzando i profitti. Sono gli ambientalisti a bloccare lo sviluppo, o queste rendite da vero «cachemire di lusso»?

È comprensibile che gli imprenditori privati presentino le loro proposte, anche quelle speculative, come le migliori possibili. Inquieta invece che rappresentanti di istituzioni pubbliche, e di partiti cosiddetti progressisti, le accolgano entusiasticamente, rilanciandole con il refrain crescita eguale occupazione, evocando in modo sinistro la non così lontana — nel tempo e nello spazio — rinuncia all’ambiente e alla salute in cambio di un salario. Occupazione peraltro sempre più precaria e sottopagata, che rischia di essere un alibi per non entrare nel merito delle politiche pubbliche in questione, sempre più subordinate alle ragioni dell’economia finanziaria che ci ha portato all’attuale crisi.

In questa fase di crisi di sistema, caratterizzata da scenari molto incerti per quanto riguarda il nostro futuro, il territorio rappresenta nelle sue diverse prestazioni un bene collettivo assolutamente fondamentale. Chi toglie legittimità a quanti chiedono di comprendere chiaramente il saldo tra guadagni privati e interesse collettivo nelle operazioni di trasformazione del territorio, e di rinnovare così la politica nell’accezione autentica di cura del bene comune, apre la strada a una poco oculata svendita sia del territorio che della politica.

***

POCA TRASPARENZA IN UNA VICENDA CHE UNISCE DESTRA E SINISTRA

di Ornella De Zordo
http://www.perunaltracitta.org

Piena solidarietà della lista di cittadinanza ‘perUnaltracittà’ alla consigliera Lucia Carlesi di Laboratorio ‘Per un’altra San Casciano’, oggetto di violenti attacchi verbali nel corso della seduta di Consiglio comunale del 29 settembre. A provocare l’attacco, condiviso in modo bipartisan da destra e centrosinistra, è stato l’ordine del giorno da lei depositato in merito al ritrovamento dei reperti archeologici venuti alla luce a Ponterotto nel corso della costruzione del nuovo capannone della Laika Caravans.

In modo strumentale si è voluta attribuire a chi difende il territorio e il patrimonio culturale la responsabilità dei ritardi dello stabilimento Laika nella realizzazione di un progetto risalente ormai a 10 anni fa. Lucia Carlesi ha coraggiosamente affermato che la difesa di ambiente e patrimonio storico viene tutelata quando non è messa in conflitto con la dignità del lavoro e i diritti dei lavoratori, e ha esplicitamente attribuito la responsabilità di contrapporre ancora una volta ambiente e lavoro all’amministrazione comunale di San Casciano che in 10 anni non ha saputo dare una risposta concreta a questo problema.

Bastava trovare una localizzazione idonea all’insediamento della nuova Laika senza consentire l’operazione speculativa che ha consentito l’attuale insediamento a Ponterotto, terreno agricolo e ricco di reperti archeologici (si veda su questo archeopatacca.blogspot.com). E invece l’amministrazione di san Casciano non solo ha consentito un’operazione di rendita immobiliare della multinazionale ma ha investito proprie risorse senza neanche dichiarare l’impegno economico a cui dovrà far fronte per vari anni.

Sosteniamo quindi l’azione della consigliera Carlesi che ha richiesto senza farsi intimidire un altro modo di coniugare diritto al lavoro e diritto all’ambiente, e ha indicato un’altra modalità con cui le pubbliche amministrazioni devono lavorare in modo trasparente per l’interesse generale della collettività e non per il potente di turno.

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L'Inchiesta di La Repubblica - Archeologia vs industria

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A San Casciano (Firenze) è scontro tra le ragioni dell'archeologia e quelle del lavoro. Al centro un capannone industriale e una casa etrusca. Da mesi non si riesce a venirne a capo.

Come conciliare le ragioni della tutela di paesaggio e beni culturali e le ragioni della crescita industriale? La questione continua a proporsi in un paese come l'Italia ricco di un patrimonio inestimabile, sul quale gravano incuria e indifferenza. Talvolta le due ragioni riescono a convivere, ma molto spesso l'elemento che prevale è il conflitto. Nascono lunghi e faticosi contenziosi che producono solo paralisi. Tanto più insopportabili in un periodo di crisi.

realizzata da Francesco Erbani insieme a Mario Neri per il video della parte toscana, Le Inchieste di La Repubblica online, 17 ottobre 2011

1 IL CASO - I posti di lavoro o l'archeologia? Scontro nel cuore della Toscana
2 IL CONFRONTO - Fabbrica o casa etrusca?
3 IL CASO - Sepino, l'antico tratturo romano scassato dalla strada dell'eolico
4 LA CENSURA - E la Soprintendenza chiama i carabinieri
5 IL VIDEO - "Andatevene, le riprese qui sono vietate"
6 LE IMMAGINI - La casa etrusca pomo della discordia

Questa inchiesta si muove fra la Toscana e il Molise. L'ha realizzata Francesco Erbani insieme a Mario Neri per il video della parte toscana. A San Casciano vengono rinvenuti i reperti di due edifici, uno etrusco, l'altro romano, nel cantiere dove si costruisce un capannone industriale di 300 mila metri cubi. Il Comune e l'azienda decidono di smontare i reperti e di rimontarli su una collinetta artificiale. È un'archeopatacca, insorgono le associazioni ambientaliste, che già avevano contestato la localizzazione della fabbrica. Il braccio di ferro è durissimo. I nervi tesi, come dimostra il fatto che la Soprintendenza di Firenze, favorevole alla ricollocazione, ha fatto chiamare i carabinieri per impedire ai nostri giornalisti di filmare o fotografare il sito archeologico.

Nel Molise, invece, potrebbe sorgere un impianto eolico lungo il crinale di una collina che sovrasta il sito archeologico di Saepinum, città prima sannitica e poi romana. Inoltre le pale, alte centotrenta metri, verrebbero impiantate lungo un antico tratturo. La strada, dove è visibile la pavimentazione romana, è stata ricoperta di pietrisco e usata come strada di cantiere. La Procura indaga e il Gip ha sequestrato il sito.

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martedì 11 ottobre 2011

Il paesaggio è pane. Ma alla sinistra piace poco

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Il Corriere Fiorentino, 11 ottobre 2011

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lunedì 10 ottobre 2011

Gli Etruschi e la CGIL

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Eugenio Tassini, Corriere Fiorentino, 10.10.2011

Uno stupito Alessio Gramolati si domanda sull’edizione fiorentina di La Repubblica di ieri come sia possibile di questi tempi (fabbriche che chiudono, operai in cassa integrazione, economia che stenta, investimenti che non arrivano) perder tempo a discutere di quattro cocci etruschi e romani trovati in mezzo al campo dove la Laika (d’accordo il Comune di San Casciano), vorrebbe costruire il suo nuovo stabilmento. Si perde inutilmente tempo (dieci anni) e si rischia di far perdere la pazienza ai manager e ai padroni della multinazionale tedesca. Fin qui Gramolati potrebbe anche aver ragione.

Sicuramente l’aveva un tempo, quando la sensibilità e l’attenzione per il consumo del nostro territorio era un valore meno importante di altri. Però poi, proprio alla fine, il segretario della Cgil si lascia un pò andare. E dopo aver scritto che non ha nulla contro gli etruschi (e ci mancherebbe altro), «popolo gaudente e laborioso», sostiene che il ritardo nella costruzione della fabbrica di camper è colpa di quelli che vedono la Toscana «unicamente come terra di buon ritiro, e non regione dove investire». Insomma quelli coi golfini di cashmere e il rustico ristrutturato in collina. Che sarebbbero poi gli stessi che non vogliono la Tirrenica costruita sull’Aurelia che taglia in due la Maremma, il rigassificatore a Rosignano davanti ai bagni, i campi «coltivati» a pannelli solari, il resort al parco di Rimigliano, i tralicci di Terna sulle colline del Valdarno, le pale eoliche davanti a Viareggio. Oppure che si fermano alle Cascine un momento a guardare quanto è brutta la scatola grigia del Nuovo Maggio.

La questione è più drammatica della contrarietà di quattro vecchietti ricchi in collina che non vedono più bene il tramonto. E purtroppo per Gramolati coinvolge tutti noi, anche se non abbiamo cashmere e villette, e neanche tramonti. Però abbiamo scoperto la bellezza, e che anche questa è una risorsa. Una volta era semplice: se un grande imprenditore voleva investire gli davi quello che voleva, consumavi (a volte sciupavi) la tua terra (anche per sempre), ma avevi lavoro. Oggi sono cambiati la nostra sensibilità, attenzione, sistema di valori.

La Solvay si è inventata Rosignano, e ha dato di che vivere a migliaia di persone. Ma oggi nessuno si sognerebbe di consegnare un pezzo di costa e di bellezza e di spiagge a una fabbrica anche se importante. Così siamo tutti stretti fra la necessità di lavorare (e pensare a uno sviluppo industriale) e l’urgenza di conservare quel che ci resta di bellezza, di storia, di cultura, di Toscana insomma.

In realtà, e qui sta l’errore di Gramolati, in entrambi i casi si pensa al futuro. E la soluzione non è scegliere fra Laika e etruschi, ma scegliere Laika e etruschi.

sabato 8 ottobre 2011

Gli ambientalisti non faranno da capro espiatorio

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La repubblica, 8 ottobre 2011

lunedì 3 ottobre 2011

Laika a Ponterotto, De Zordo: Solidarietà a Lucia Carlesi

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Comunicato stampa di Per un'altra Città, Firenze

Piena solidarietà della lista di cittadinanza 'perUnaltracittà' alla consigliera Lucia Carlesi di Laboratorio 'Per un'altra San Casciano', oggetto di violenti attacchi verbali nel corso della seduta di Consiglio comunale del 29 settembre. A provocare l'attacco, condiviso in modo bipartisan da destra e centrosinistra, è stato l'ordine del giorno da lei depositato in merito al ritrovamento dei reperti archeologici venuti alla luce a Ponterotto nel corso della costruzione del nuovo capannone della Laika Caravans.

In modo strumentale si è voluta attribuire a chi difende il territorio e il patrimonio culturale la responsabilità dei ritardi dello stabilimento Laika nella realizzazione di un progetto risalente ormai a 10 anni fa. Lucia Carlesi ha coraggiosamente affermato che la difesa di ambiente e patrimonio storico viene tutelata quando non è messa in conflitto con la dignità del lavoro e i diritti dei lavoratori, e ha esplicitamente attribuito la responsabilità di contrapporre ancora una volta ambiente e lavoro all'amministrazione comunale di San Casciano che in 10 anni non ha saputo dare una risposta concreta a questo problema.

Bastava trovare una localizzazione idonea all'insediamento della nuova Laika senza consentire l'operazione speculativa che ha consentito l'attuale insediamento a Ponterotto, terreno agricolo e ricco di reperti archeologici (si veda su questo archeopatacca.blogspot.com). E invece l'amministrazione di san Casciano non solo ha consentito un'operazione di rendita immobiliare della multinazionale ma ha investito proprie risorse senza neanche dichiarare l'impegno economico a cui dovrà far fronte per vari anni.

Sosteniamo quindi l'azione della consigliera Carlesi che ha richiesto senza farsi intimidire un altro modo di coniugare diritto al lavoro e diritto all'ambiente, e ha indicato un'altra modalità con cui le pubbliche amministrazioni devono lavorare in modo trasparente per l'interesse generale della collettività e non per il potente di turno.

giovedì 29 settembre 2011

Vicenda Laika - Laboratorio chiede la revoca della delibera dello smontaggio dei reperti

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Il Nuovo Corriere di Firenze, 28 settembre 2011

Opposizioni al contrattacco sulla vicenda Laika. Nel corso della seduta del Consiglio, che si svolgerà domani, il gruppo Laboratorio per un'altra San Casciano/PRC, presenterà infatti un ordine del giorno per chiedere la revoca della delibera dello scorso agosto, quella con la quale l'amministrazione comunale di SanCasciano ha deciso lo "smontaggio" dei reperti del cantiere Laika in località Ponterotto...

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mercoledì 28 settembre 2011

CHI VUOL SVENDERE I MONUMENTI

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Salvatore Settis con Giorgio Napolitano


Di Salvatore Settis, La Repubblica, 28 settembre 2011

Saldi di fine stagione per paesaggio e patrimonio artistico. Nell´Italia devastata dal berlusconismo e dal secessionismo leghista, impoverite non sono solo le nuove generazioni, condannate alla disoccupazione o al precariato perpetuo. Impoverito è lo Stato, cioè noi tutti, borseggiati da chi governa il Paese svuotando il nostro portafoglio proprietario di cittadini e i valori di una Costituzione fondata sul bene comune. Questa erosione del patrimonio e dei principi della Repubblica ha preso la forma della rapina. Rapina, letteralmente, a mano armata: armata dei poteri residui dello Stato, cinicamente usati per smontare lo Stato e spartirsi il bottino.

Nel grande (e irrealizzato) progetto che si incarnò nella Costituzione del 1948, l´idea di un´Italia giusta, libera e democratica s´impernia sulla condivisione di beni comuni, intesi come proprietà di tutti i cittadini e garanzia di attuabilità del disegno costituzionale. Tali sono prima di tutto i beni del Demanio, elemento costitutivo di uno Stato sovrano; tali sono i beni pubblici indirizzati a scopo di utilità sociale (per esempio per scuole, ospedali, musei); tale è l´ambiente e il paesaggio, scenario della nostra vita individuale e sociale e strumento di salute fisica e mentale (o di patologie); tale è il patrimonio artistico come memoria storica.

Di qui l´articolo 9 della Costituzione, secondo cui «la Repubblica tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione», e deve farlo in modo identico dalle Alpi alla Sicilia. Essenziale alla legalità repubblicana, questo principio si lega ai «doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale» (art. 2), al «pieno sviluppo della personalità umana» (art. 3), alla tutela della salute «come fondamentale diritto dell´individuo e interesse della collettività» (art. 32). Il bene comune non comprime, ma limita i diritti di privati e imprese: alla proprietà privata deve essere «assicurata la funzione sociale» (art. 42), la libertà d´impresa «non può svolgersi in contrasto con l´utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana» (art. 41). Contro questa architettura di valori è in atto un feroce attacco. Smontando l´art. 41 si vuole una libertà d´impresa senza limiti: e dunque anche in contrasto con l´utilità sociale, anche se calpesta sicurezza, libertà, dignità umana. L´indegna farsa del "federalismo demaniale" già devasta l´orizzonte dei beni comuni.

Un esempio, Agrigento. Atto I: il 4 agosto la Regione Sicilia annuncia che lo Stato ha ceduto alla Regione la Valle dei Templi, che diviene «patrimonio dei siciliani». Atto II: il 31 agosto il sindaco mette all´asta la Valle dei Templi, con l´idea di «cederla ai privati, affittarla a grandi multinazionali, a griffe internazionali». Ma di chi erano i templi di Agrigento prima della "legittima restituzione ai siciliani"? Erano di tutti gli italiani, dai siciliani ai veneti; come le Dolomiti (ufficialmente valutate 866.294 euro) erano proprietà dei veneti, ma anche dei siciliani. Lo spezzatino dei beni pubblici, ridistribuiti su base regionale o comunale per favorire il secessionismo leghista, svuota il portafoglio proprietario degli italiani, ci rende tutti più poveri.

Massimo simbolo della cultura italiana della tutela è l´ordine del Real Patrimonio di Sicilia del 21 agosto 1745, che simultaneamente impose la conservazione delle antichità di Taormina e dei boschi del Carpinetto ai piedi dell´Etna: prima norma al mondo in cui la tutela del paesaggio e quella del patrimonio artistico sono tutt´uno, secondo una linea che giungerà fino alla Costituzione. Eppure la Regione «intende privatizzare, per far cassa, il patrimonio boschivo e forestale siciliano» (La Sicilia, 23 agosto). In questa generale devastazione, il depotenziamento delle Soprintendenze mediante il blocco delle assunzioni e il taglio dei fondi (ne ha scritto su queste pagine, l´8 settembre, Francesco Erbani) colpisce la tutela alla radice.

Ma che cosa c´è da aspettarsi da un Ministero che ormai espressamente invita non a proteggere il paesaggio, ma a genuflettersi davanti alle imprese? Lo dice chiaro e tondo un documento del 13 ottobre 2010, che in materia di autorizzazione paesaggistica invita sfacciatamente i soprintendenti a «pervenire ad espressioni di pareri la cui formulazione si configura come una prescrizione di buone maniere», evitando come la peste «pareri che siano in contrapposizione alle proposte progettuali».

Esempio estremo di questa deriva (auto)distruttiva è, nella Toscana un tempo "rossa", la vicenda di uno scavo archeologico a San Casciano in Val di Pesa. Importanti resti di edifici ad uso abitativo e agrario di età etrusca e romana, ancora inediti, sono emersi durante i lavori per l´estensione di uno stabilimento della multinazionale Laika Caravans. Fino a pochi anni fa una scoperta come questa avrebbe comportato la salvaguardia dei reperti in situ, e obbligato la ditta a spostare altrove i suoi capannoni. Ma il Comune (governato da una giunta di "sinistra") ha adottato la cultura delle "buone maniere", cioè della resa alle imprese, e ha stretto con Laika un accordo per sfrattare l´archeologia in favore dei capannoni, smontando fattoria etrusca e villa romana per spostarle in un "parco archeologico" fasullo che i comitati locali hanno subito battezzato "archeopatacca".

Il modello è chiaro:
si applica all´area archeologica lo scambio di volumetrie già previsto da perfidi codicilli del recente decreto sviluppo, il principio di «libera cubatura in libero Stato», secondo il quale ogni terreno, anche inedificabile, è per sua natura dotato di una "capacità edificatoria" virtuale che può formare oggetto di diritti, essere venduta o scambiata con nuove edificazioni. Così, ha commentato Il Sole (24 agosto), «in nome della giustizia economica, sui terreni agricoli piomberanno d´incanto milioni di euro di nuove cubature». Anche sui terreni archeologici, a quel che pare: basta rimontare i ruderi altrove, come assemblando mattoncini Lego.

Alla cultura della tutela si sostituisce il più volgare mercatismo parassitario, e sfrattare gli Etruschi diventa una virtù. Interessante principio: che anche i Templi di Agrigento, finalmente "restituiti ai siciliani" a cui gli italiani li avevano rubati, possano essere smontati e trasferiti da una multinazionale, regalando ai "legittimi proprietari" qualche scampolo di "capacità edificatoria"?


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venerdì 23 settembre 2011

Resti archeologici al Ponterotto - Intervista su Metropoli

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Il capogruppo di Laboratorio per un'altra San Casciano-Prc accusa il Comune di aver operato a danno della storia e senza trasparenza

Ritrovamenti archeologici a Ponterotto: fermiamo la distruzione e la falsa valorizzazione di una testimonianza importante della nostra storia.
Lucia Carlesi, consigliere comunale a San Casciano Val di Pesa di Laboratorio per un'Altra San Casciano-Rifondazione Comunista, risponde alle domande di Metropoli Chianti.

L'articolo di Matteo Pucci con un intervista a Lucia Carlesi, Metropoli Chianti, 23 settembre 2011

Un sito archeologico, quello rinvenuto al Ponterotto durante i lavori di scavo per il nuovo stabilimento Laika, che rischia di essere rovinato per sempre. Lo sostiene il capogruppo di opposizione Laboratorio per un'altra San Casciano-Rifondazione comunista che in questa intervista, per bocca del capogruppo in consiglio comunale Lucia Carlesi, rincara la dose.

Quale secondo voi il rischio che corrono i reperti archeologici scoperti durante i lavori di scavo per la nuova Laika?
Non parliamo di rischio ma di certezze perché dalla visione che abbiamo potuto avere del progetto dell’Amministrazione emerge la demolizione a pezzi dei muretti, la loro traslazione e ricomposizione, lo smantellamento delle pavimentazioni e la loro riproduzione fasulla.
La rimozione dell'intero complesso dei reperti e la successiva ricollocazione in un'area vicina, fuori dal perimetro interessato dalla costruzione dello stabilimento Laika, ci viene proposta come un'opera di valorizzazione, quando invece si cancella di fatto l'autenticità della testimonianza storica; trasferire i reperti è un'operazione ipocrita, avremo un falso parco archeologico, “un'archeopatacca”, così l'abbiamo voluta definire.
I reperti, una fattoria etrusca e una villa romana (oltre a una fontana settecentesca che verrà demolita), sono emersi nel corso del 2010 ma ad oggi non si conosce la relazione della Soprintendenza che ha svolto l'indagine archeologica, per cui non sappiamo l'esatto valore e lo stato di conservazione dei ritrovamenti e se vi sia ancora altro materiale da studiare. Sull'opportunità di un trasferimento di reperti di questo genere ci sembra sufficiente quanto scritto da un autorevole archeologo come Giuliano Volpe, ordinario di Archeologia e Rettore dell'Università di Foggia, che è intervenuto proprio in merito alla vicenda dei reperti rinvenuti a Ponterotto: si tratta di opere che hanno senso solo nel proprio contesto.

Come valutate le ampie rassicurazioni date dal ministero per i beni culturali date nei giorni scorsi?
Ci sembra necessario approfondire le scelte che sono state fatte. Per quanto di nostra conoscenza
non ci risulta che alcun esperto di nomina ministeriale abbia risposto alle autorevoli obiezioni tecniche al progetto avanzate recentemente . Se parliamo del consenso dato all’origine al progetto vorremmo capire come si arriva a sostenere che “il mantenimento in situ dei resti è risultato incompatibile con le opere da realizzare”, sulla base di quali valutazioni e documentazioni si è considerato ineluttabile il trasferimento dei ritrovamenti e non si sono prese in considerazione soluzioni alternative.

Cosa "imputate" all'Amministrazione comunale di San Casciano?
Si persevera in scelte sbagliate. La rimozione dei reperti è soltanto l'ultima forzatura per coprire le responsabilità di chi ha voluto a tutti i costi , tramite una variante urbanistica ad hoc, localizzare lo stabilimento Laika in un'area agricola, di alto valore ambientale e paesaggistico, chiaramente inadeguata ad ospitare un intervento industriale di tali proporzioni: un'operazione di rendita immobiliare che niente ha a che fare con l'interesse della collettività e dei lavoratori. E oggi la vicenda si ripete: invece di tutelare al massimo i ritrovamenti che sono un bene comune del nostro territorio, si decide di rimuovere l'intero complesso archeologico, pur di garantire la realizzazione dell'intervento privato. Ci chiediamo perché a suo tempo l'area non fu sottoposta ad un' indagine archeologica preventiva, metodologia ormai consolidata quando si interviene in zone di presunto interesse archeologico. Ora è paradossale che l'unica soluzione prospettata sia la rimozione di questa testimonianza storica di oltre 2000 anni e che l'Amministrazione intervenga con soldi pubblici e addirittura con proprie risorse (in una fase di grande crisi e di contrazione dei servizi) per coprire i costi di ricollocazione dei reperti, così la falsa area archeologica sarà pure a carico dei cittadini!
La procedura di autorizzazione alla rimozione dei reperti archeologici va avanti da più di un anno, ma in tutto questo tempo l'Amministrazione non ha ritenuto opportuno dare visibilità all'intera vicenda. In più di un'occasione abbiamo denunciato la mancanza di trasparenza non essendo assolutamente chiaro il tipo di intervento che si andava delineando sul sito archeologico.
Per mesi siamo rimasti in attesa della relazione finale dell'indagine archeologica svolta dalla Soprintendenza, documento che avrebbe chiarito la portata dei ritrovamenti e determinare quindi gli interventi successivi. In realtà fin dal giugno del 2010, in mancanza di qualsiasi relazione, con scavi iniziati da poco (ancora la villa romana non era emersa) la multinazionale Hymer proprietaria di Laika presenta domanda di autorizzazione alla rimozione dei reperti; nello stesso mese di giugno viene negata l’accessibilità al cantiere da parte della commissione Ambiente e Territorio del Comune (avanzata da gran parte delle opposizioni) e nell'agosto l'Amministrazione di San Casciano esprime la volontà di partecipare al progetto. E' stata negata trasparenza e informazione, è mancato il confronto pubblico su un progetto di assoluta importanza per il territorio e la nostra comunità.

Come avete intenzione di muovervi adesso?
Facciamo il possibile per far conoscere questo episodio, che non riguarda solo San Casciano, come dimostra l’eco che ha avuto la nostra iniziativa (http://archeopatacca.blogspot.com/).
A nostro parere vengono ora a galla tutti gli errori fatti da dieci anni a questa parte, da quando si è voluto a tutti i costi impegnare l’area del Ponterotto, senza considerare altre soluzioni. Oggi è assurdo che venga proposto un progetto che non tutela il nostro patrimonio culturale e paesaggistico e dà invece priorità alle richieste poste da un soggetto privato.
La vicenda ovviamente è seguita con la massima attenzione dalle associazioni ambientaliste, è uscita dall'ambito locale grazie alla presentazione di un'interrogazione in Regione da parte del consigliere di Federazione della Sinistra-Verdi Mauro Romanelli ed ha suscitato l'interesse di autorevoli esperti come il prof. Giuliano Volpe.
Il gruppo consiliare Laboratorio per un'Altra San Casciano-Rifondazione Comunista presenterà al prossimo consiglio comunale di San Casciano del 29 settembre un documento per chiedere la revoca della delibera con la quale nel mese di agosto l'Amministrazione di San Casciano ha approvato la bozza di accordo per la rimozione, ricollocazione, restauro e valorizzazione delle strutture archeologiche di Ponterotto, affinché sia possibile sospendere ogni decisione, aprire un confronto in consiglio comunale e un percorso partecipato che veda tutti i soggetti coinvolti, esperti e tecnici del settore, esponenti delle associazioni e la cittadinanza per verificare la correttezza della soluzione individuata e proporre alternative possibili e condivise.

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giovedì 22 settembre 2011

L'etrusco? Si sposterà - Il trasloco dei reperti per far posto ai camper

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di Alessio Gaggioli, Corriere Fiorentino, Sabato 17 Settembre, 2011

L'archeologo: alti costi, e non è un'opera pubblica


SAN CASCIANO VAL DI PESA — Ma non si potevano fare prima delle indagini per capire cosa c'era sottoterra? E se i reperti archeologici sono così importanti non valeva la pena costruire altrove quel maxicapannone invece che organizzare il costosissimo trasloco di quanto è stato ritrovato? Una impresa, quella di spostare eccezionali reperti altrove, che si fa solo in rari casi. Solo se costretti da irrinunciabili opere pubbliche per il territorio. Molto di rado per consentire ad un privato di costruire. Sospetti e domande di uno dei più autorevoli archeologi d'Italia, Giuliano Volpe, ordinario di archeologia e rettore dell'Università di Foggia. Domande pubblicate sul più importante sito web che si occupa di urbanistica: Eddyburg.

Domande che riguardano il progetto di San Casciano, a Ponterotto, dove il Comune nella passata legislatura — con una variante ad hoc perché trattasi di terreni ex agricoli — diede il via libera alla costruzione del nuovo stabilimento della Laika, la multinazionale che produce caravan. Un progetto vecchio di oltre dieci anni, un capannone di oltre 300 mila metri cubi nella splendida valle di Ponterotto. I lavori sono partiti nel 2010, dopo pochi mesi lo stop: da sottoterra sono emersi i resti di una fattoria etrusca e una villa romana (le uniche informazioni disponibili). Non si sa nulla di più. Non si sa quale sia la loro reale importanza e il loro stato di conservazione. Comune e Soprintendenza che hanno dato il via libera al trasloco non sono generosi di risposte (dall'amministrazione comunale hanno fatto sapere quanto segue: «C'è estrema serenità sulla correttezza delle procedure adottate grazie alla piena collaborazione tra le istituzioni coinvolte»). E così si alimentano i dubbi e le domande. Anche da parte di autorevoli esponenti dell'archeologia, come appunto il professor Volpe: «Come mai pur essendo trascorso tanto tempo dalla presentazione del progetto, non sono state effettuate indagini di archeologia preventiva? Quale valutazione è stata fatta dei documenti storici e archeologici individuati? Qual è il loro stato di conservazione? Ma, soprattutto, perché si è adottata la decisione della rimozione e del trasferimento dei resti archeologici?». Quelle di Volpe non sono domande campate in aria. Purtroppo. Perché secondo Volpe i casi sono due: o quei reperti sono così importanti, «di grande interesse storico-archeologico» e allora forse sarebbe da riconsiderare il loro trascloco «privilegiando la conservazione in situ». O in realtà «come qualcuno sussurra, si tratta di pochi muretti» e allora si dovrebbe «avere il coraggio di portare la decisione alle estreme conseguenze, si documenti e si pubblichi l'intero contesto archeologico e lo si sacrifichi autorizzando la costruzione del capannone al di sopra dei resti», dice Volpe. Perché altrimenti, se davvero della fattoria etrusca e della villa romana, sono rimaste poche pietre, quella del trasloco e della ricollocazione «appare una risposta alquanto ipocrita, forse utile solo come risposta alle proteste delle associazioni culturali e ambientaliste». «Che senso avrebbero — si chiede il rettore dell'Università di Foggia — i moncherini di pochi muretti decontestualizzati e collocati, quasi si tratti di un elemento di arredo, in un finto parco archeologico?».

Va detto che ancora prima che Laika cominciasse a scavare, quel progetto era stato molto contestato dai comitati e dagli ambientalisti. C'era stato anche un ricorso al Tar, perso. C'era stata pure Anna Marson, quando faceva la professoressa di pianificazione urbanistica a tempo pieno, prima dell'incarico di assessore regionale, che aveva scritto del caso San Casciano-Laika come pessimo esempio di pianificazione urbanistica. Laika per trasferire le sue attività nel futuro stabilimento di San Casciano ha dato rassicurazioni sul mantenimento dei livelli occupazionali e si farà carico di opere di compensazione ambientale e urbana. Dopo il blocco dei lavori (da oltre un anno) per via degli scavi ora c'è però da risolvere prima la grana archeologica. Tutte le procedure seguite per ora sembrano corrette. Le informazioni però sono scarse. Il cantiere è blindato, i reperti sono coperti da grandi teli neri. E allora ecco che tornano le domande di uno degli archeologi più importanti d'Italia: «Chi pagherà il trasloco? Si tratta di una procedura complessa che di solito viene riservata a scoperte eccezionali. Di solito si utilizza per permettere la costruzione di opere pubbliche, come le dighe».

A San Casciano non ci saranno dighe. Ci sarà il grande stabilimento di un privato. E forse, poco più in là, in località la Botte (nessuna conferma nemmeno su questo da Comune e Soprintendenza) un parco archeologico che comitati e ambientalisti dicono sarà un «parco-patacca».

Alessio Gaggioli
(ha collaborato Sara Fioretto)

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mercoledì 14 settembre 2011

Caso Laika, petizione "Non affogate i resti della villa etrusca nel cemento"

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La Nazione, 13 settembre 2011
Caso Laika, petizione "Non affogate i resti della villa etrusca nel cemento"

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martedì 13 settembre 2011

L'archeopatacca di San Casciano, anche gli etruschi si spostano in camper

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L'Altracittà giornale della periferia ha pubblicato la notizia del "trasloco forzato degli etruschi" a San Casciano Val di Pesa. 
http://altracitta.org/blog/2011/09/12/larcheopatacca-di-san-casciano-anche-gli-etruschi-si-spostano-in-camper/

venerdì 9 settembre 2011

Ancora notizie sulla rimozione dei reperti archeologici a San Casciano Val di Pesa

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Ecco alcuni siti dove sono stati pubblicati i comunicati sulla vicenda  dei reperti archeologici nell'area del cantiere Laika a Ponterotto San Casciano Val di Pesa.

http://eddyburg.it/article/view/17602/
http://www.casolenostra.org/

giovedì 8 settembre 2011

Etruschi sfrattati da un capannone

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Il Nuovo Corriere di Firenze, 8 settembre 2011
Etruschi sfrattati da un capannone
Nel mirino il cantiere in località Ponterotto dove sta sorgendo il nuovo stabilimento dell'azienda Laika
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sabato 16 luglio 2011

Mozione di Laboratorio: acqua pubblica e no all'inceneritore di Testi

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Il Nuovo Corriere di Firenze, 15 luglio 2011

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sabato 25 giugno 2011

Carlesi: "Effetto referendum sull'inceneritore di Testi"

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Metropoli, 24 giugno 2011


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lunedì 20 giugno 2011

Gassificatore, interrogazione del PRC per capire la reale situazione

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Il nuovo corriere di Firenze, 16 giugno 2011

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martedì 12 aprile 2011

Rifiuti, Rifondazione contro la fusione Safi-Quadrifoglio

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La Nazione, 6 aprile 2011

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San Casciano Val di Pesa • Gruppo consiliare Laboratorio per un’Altra San Casciano - Rifondazione Comunisti Italiani